Il 2 settembre sono aumentate le pressioni internazionali e interne sul primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Dopo l’uccisione di sei ostaggi, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha detto che Netanyahu non sta facendo abbastanza per garantire il rilascio delle persone nelle mani di Hamas. Il Regno Unito ha annunciato che sospenderà l’esportazione di alcune armi a Israele, facendo riferimento a un “chiaro rischio” che possano essere usate in gravi violazioni del diritto internazionale umanitario.

In una conferenza stampa Netanyahu ha chiesto perdono per non essere riuscito a salvare i sei ostaggi. “Hamas la pagherà cara”, ha detto, rifiutando l’idea che Israele dovrebbe “concedere” qualcosa nei colloqui per una tregua nella Striscia di Gaza. Abu Obeida, portavoce delle brigate Ezzedine al Qassam, l’ala armata di Hamas, ha avvertito che gli ostaggi torneranno “nelle bare” se Israele manterrà la sua pressione militare su Gaza. I miliziani che sorvegliano i prigionieri hanno ricevuto “nuove istruzioni” su cosa fare se le truppe israeliane si avvicinano, ha aggiunto.

A Washington, Biden ha incontrato i mediatori statunitensi che lavorano insieme al Qatar e all’Egitto per arrivare a una tregua che permetta di liberare gli ostaggi in cambio del rilascio dei palestinesi detenuti in Israele. Biden ha detto che i mediatori sono “molto vicini” a una proposta finale da presentare a Israele e Hamas. Il 2 settembre Netanyahu ha ribadito che Israele manterrà il controllo del corridoio Filadelfi, al confine tra la Striscia e l’Egitto, uno dei principali punti di scontro nei negoziati.

La rabbia e il dolore

Gli israeliani sono stati sopraffatti dal dolore e dalla rabbia dopo che l’esercito ha confermato il 1 settembre di aver recuperato nel sud della Striscia di Gaza i corpi di sei ostaggi, catturati da Hamas durante l’attacco condotto in Israele il 7 ottobre 2023. Sono l’israelo-statunitense Hersh Goldberg-Polin, Carmel Gat, Eden Yerushalmi, Almog Sarusi, Ori Danino e il russo-israeliano Alexander Lobanov.

Il 2 settembre uno sciopero annunciato dal sindacato Histadrut per chiedere un accordo che garantisca il rilascio degli ostaggi ha in parte paralizzato Israele. Dopo un intervento del ministro delle finanze Bezalel Smotrich, un leader di estrema destra che si oppone alla tregua a Gaza, il tribunale del lavoro israeliano ha ordinato la fine immediata dello sciopero, definito “politicamente motivato”. Nelle manifestazioni del 1 settembre, a cui hanno partecipato migliaia di persone, i parenti degli ostaggi hanno chiesto un accordo per la restituzione degli altri 97 prigionieri, compresi i 33 che secondo i militari sono morti. Dei 251 ostaggi catturati il 7 ottobre, solo otto sono stati liberati vivi dalle forze israeliane, mentre alcune decine sono state rilasciate durante una tregua di una settimana a novembre, l’unica finora.

Intanto a Gaza il 2 settembre è stato il secondo giorno di “pause umanitarie localizzate” per facilitare una campagna di vaccinazione dopo il primo caso di poliomielite confermato in venticinque anni. Tuttavia un corrispondente dell’agenzia France-Presse ha riferito di bombardamenti nel corso della notte e la protezione civile ha denunciato un attacco israeliano che ha ucciso cinque persone vicino a una scuola nel campo profughi di Jabalia.

La guerra a Gaza ha fatto crescere le tensioni in tutto il Medio Oriente. Il ministero della salute palestinese ha fatto sapere il 2 settembre che sono stati uccisi almeno 26 palestinesi da quando il 28 agosto Israele ha lanciato un assalto nel nord della Cisgiordania occupata. Tre poliziotti israeliani sono stati uccisi in una sparatoria il 1 settembre. Un bombardamento israeliano su un veicolo nel sud del Libano il 2 settembre ha ucciso due persone. ◆ fg

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Questo articolo è uscito sul numero 1579 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati