Abituati alle dichiarazioni iperboliche della Corea del Nord, è facile liquidare come ultima di una lunga serie di esagerazioni la promessa, fatta il 1 novembre dalla ministra degli esteri nordcoreana Choe Son Hui, in visita a Mosca, di “restare sempre al fianco dei nostri compagni russi fino alla vittoria”. Sarebbe un errore, scrive l’esperto di geopolitica Dan White su The Diplomat. Per più di un anno Kim Jong-un ha dimostrato, sia con un’assistenza materiale sia con la firma di un patto formale di mutua difesa, di essere profondamente coinvolto nel successo di Vladimir Putin. Putin e Kim hanno l’opportunità di risolvere le minacce esistenziali ai loro regimi. La presa di Putin sul potere dipende dalla percezione di una vittoria russa nella guerra in Ucraina. Kim ha puntato il futuro del suo regime su una solida deterrenza nucleare. Il filo conduttore che li unisce è la percezione che la loro sopravvivenza sia messa a rischio da una competizione feroce con l’occidente. Entrambi possono vincere o perdere insieme, e quindi hanno buone ragioni per prendere impegni senza precedenti l’uno con l’altro. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1590 di Internazionale, a pagina 37. Compra questo numero | Abbonati