Anche se parla di relazioni ed è vivace e divertente, Babygirl non è una commedia. Il film ruota intorno a Romy (una travolgente Nicole Kidman), una donna sposata che si avventura in una relazione di dominazione-sottomissione che la consuma. È una storia di donne, di corpi, di regole e di cosa significa quando una donna rinuncia al suo io più segreto. Romy è l’amministratrice delegata di una grande azienda, sessualmente inappagata, che porta all’estremo una già poco consigliabile relazione con un affascinante tirocinante (Harris Dickinson). È chiaro che alla regista e autrice Halina Reijn le dinamiche del dominio e della sottomissione interessano fino a un certo punto. È più concentrata sul potere, le donne, il piacere e il desiderio senza limiti. Una piacevole storia di emancipazione, anche se alla fine la ricerca di libertà esistenziale di Romy si rivela limitata. Da parte sua Kidman spinge Babygirl all’estremo: mentre smantella pezzo per pezzo la perfezione del suo personaggio, espone una vulnerabilità sconvolgente. È la cosa più cruda e sublime del film.
Manohla Dargis, The New York Times

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1599 di Internazionale, a pagina 78. Compra questo numero | Abbonati