Io sono ancora qui è ambientato all’inizio degli anni settanta, quando il Brasile era sotto il tallone di una dittatura militare ed erano all’ordine del giorno arresti, torture, sparizioni e morte. La grande attrice e autrice Fernanda Torres interpreta Eunice Paiva, moglie dell’ex deputato Rubens (Mello) e madre di cinque figli. La loro casa è molto frequentata dagli amici e la loro vita è apparentemente idilliaca, fatta di lunghe giornate in spiaggia, gelati, feste e cene improvvisate. Nonostante la gravità della situazione sia evidente, la famiglia si sente protetta dall’alto profilo politico di Rubens. Quando alla loro porta bussano dei militari in borghese e si portano via l’uomo, lui è sicuro di tornare a casa. Poi anche Eunice e sua figlia Eliana sono arrestate. Una volta tornata in libertà la donna fa di tutto per avere notizie del marito. Walter Salles, che viene da una famiglia illustre, conosceva e frequentava la famiglia Paiva, e indugia sui dettagli e sulla quotidianità dell’epoca. La casa di Eunice appare vissuta e reale. Il dramma s’insinua gradualmente, come un veleno. Sono tanti i film sui regimi oppressivi di quel periodo, sia in Brasile sia altrove. Salles è convinto che mostrare come la vita continua, o almeno i tentativi di andare avanti, offra preziose verità sulla natura umana. E poi c’è Fernanda Torres, con un’interpretazione meravigliosamente interiorizzata, straziante e sottile. Impossibile toglierle gli occhi di dosso.
Bilge Ebiri, Vulture
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Questo articolo è uscito sul numero 1599 di Internazionale, a pagina 78. Compra questo numero | Abbonati