Il 4 febbraio il presidente statunitense Donald Trump ha affermato di voler assumere il controllo della Striscia di Gaza devastata dalla guerra, una proposta che potrebbe “cambiare il corso della storia”, secondo il premier israeliano Benjamin Netanyahu, in visita alla Casa Bianca. Trump ha aggiunto che gli abitanti potrebbero andare a vivere in Giordania o in Egitto, nonostante l’opposizione dei due paesi e dei palestinesi. Non ha fornito ulteriori dettagli, limitandosi a parlare di un “progetto a lungo termine”. Netanyahu ha aggiunto che un accordo per normalizzare le relazioni tra Israele e Arabia Saudita “si farà”, un’affermazione smentita immediatamente da Riyadh.
La stampa regionale ha reagito con stupore e preoccupazione a quella che il Jerusalem Post definisce in copertina “la notizia bomba di Trump”: fare di Gaza la “Costa Azzurra del Medio Oriente”. Haaretz critica il fatto che invece di usare la sua autorità su Netanyahu in un momento cruciale, “Trump e la sua squadra sono stati compiacenti, gettando acqua fredda sulla possibilità di successo dell’accordo” per il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. E commenta: “Anche se Trump considera questa promessa una leva da usare su Netanyahu per mettere fine alla guerra, rimane del tutto oscuro come pensa di gestire la cosa, data la forte opposizione dei suoi principali alleati arabi nel mondo”.
Al Jazeera raccoglie le reazioni di vari esperti per la difesa dei diritti umani. Secondo Nancy Okail, presidente del Center for international policy di New York, la proposta di Trump ricorda “i capitoli più bui della storia” e può essere definita “un appello a commettere crimini contro l’umanità”. L’Arab American institute ricorda che Trump ha ospitato un “criminale di guerra”, facendo riferimento al mandato di arresto emesso a novembre nei confronti di Netanyahu dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e crimini contro l’umanità. E sostiene che le sue affermazioni “avvantaggeranno l’Iran e altri rivali, indebolendo gli alleati arabi di Washington nella regione”.
Pacco regalo
In un articolo su Middle East Eye la giornalista britannico-tunisina Soumaya Ghannoushi nota che le affermazioni di Trump rappresentano anche un rovesciamento dell’“accordo del secolo”, presentato durante il suo primo mandato e che prevedeva l’annessione a Israele della valle del Giordano e di interi blocchi di insediamenti in Cisgiordania. Gaza avrebbe dovuto fare parte di una futura entità palestinese, per quanto frammentata e con un’autonomia limitata. Oggi invece “la soluzione dei due stati, per quanto fosse debole e illusoria nella sua visione, è stata completamente cancellata”, in favore della dottrina sostenuta da Netanyahu e dai suoi alleati di estrema destra: “Il trasferimento permanente della popolazione e la pulizia etnica”.
Il 4 febbraio, comunque, sono ripresi i negoziati per definire i dettagli della seconda fase della tregua tra Israele e Hamas. Le speranze che l’accordo regga sono al 50 per cento, sostiene lo scrittore e analista palestinese Muhammad Shehada in un articolo sul sito panarabo The New Arab. Da un lato, spiega Shehada, Netanyahu ha più volte ribadito che la guerra potrebbe riprendere dopo le sei settimane della prima fase di cessate il fuoco, dall’altra Trump ha presentato un “pacco regalo” per convincere lui e i suoi alleati di estrema destra ad andare avanti: l’eliminazione delle sanzioni su estremisti, coloni e società di software-spia; il rilascio dei coloni violenti e l’aumento delle tensioni in Cisgiordania; e infine il trasferimento forzato della popolazione di Gaza. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1600 di Internazionale, a pagina 22. Compra questo numero | Abbonati