Si chiama Iris (Huppert), come il fiore, indossa un abito primaverile e un cardigan verde come l’erba del parco dove ogni tanto si rifugia. Forse è comparsa dal nulla proprio tra gli alberi, perché nessuno sa come questa donna elegante sia arrivata in Corea del Sud, improvvisandosi insegnante di francese, intromettendosi nelle case della gente e costringendola a parlare (e bere), un po’ psicologa, un po’ anfitrione. Il “metodo” di Iris ha qualcosa d’irresistibilmente inquietante: trasmette la lingua basandosi sulle emozioni dei suoi studenti. La stravagante presenza di Huppert calza come un guanto al cinema di Hong Sang-soo. E in un film ubriaco che esplora l’incontro tra cultura orientale e occidentale ci ritroviamo “persi nella finzione”.
Clarisse Fabre, Le Monde

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Questo articolo è uscito sul numero 1601 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati