◆ A metà degli anni duemila, in risposta alle crescenti proteste contro la pessima qualità dell’aria nelle metropoli, il governo cinese impose regole più rigide per le centrali a carbone e i veicoli a motore, che fecero calare del 75 per cento le emissioni di aerosol di solfati. Queste misure hanno evitato decine di migliaia di morti premature ogni anno, ma secondo un nuovo studio pubblicato su ResearchSquare in attesa di revisione potrebbero aver anche accelerato l’aumento delle temperature globali. A partire dal 2010 il ritmo del riscaldamento sembra essere salito da 0,18 a 0,24 gradi ogni dieci anni. La riduzione delle emissioni di solfati è stata indicata tra le possibili cause: queste particelle riflettono una parte della luce solare verso lo spazio, limitando la quantità di calore assorbita dalla Terra, e favoriscono la formazione di nubi che a loro volta riflettono la luce. Finora il contributo dei singoli stati non è mai stato quantificato, ma secondo lo studio le misure adottate da Pechino potrebbero aver causato l’80 per cento dell’accelerazione, non solo per l’enorme portata del calo, ma anche perché la circolazione atmosferica disperdeva le emissioni cinesi su una vasta area dell’oceano Pacifico, amplificando il loro effetto. Le conseguenze di queste misure si starebbero ormai esaurendo, ma i ricercatori avvertono che altri fattori, come le nuove regole sulle emissioni delle navi entrate in vigore dal 2020 e gli effetti del cambiamento climatico sulla formazione delle nubi, potrebbero alimentare il riscaldamento.

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Questo articolo è uscito sul numero 1608 di Internazionale, a pagina 106. Compra questo numero | Abbonati