Una persona in Russia digita il nome di Alexa Moreno su un motore di ricerca online: ventotto milioni di risultati. Numeri che non bastano a raccontare la storia di questa ginnasta messicana. Cercano il suo nome in Russia, negli Stati Uniti, in Giappone, in Brasile e non solo. Il mondo osserva lei ma anche il Messico, un paese finora mai considerato tra le potenze della ginnastica artistica. Nata a Mexicali, nella Bassa California, Moreno ha infranto molti luoghi comuni.

La ginnastica artistica ha origini nell’antica Grecia, dove si facevano esercizi per raggiungere l’equilibrio perfetto tra mente e corpo. Per questo, mentre esercita i muscoli, Moreno si allena per aumentare la sua autostima, come lei stessa ha ammesso. E per ricordarsi che le medaglie non sono frutto del caso, ma del suo impegno. Rappresenta milioni di donne che ogni giorno lottano contro la sindrome dell’impostore, quella che silenziosamente fa dire: “E se non è vero che sono brava? E se fallisco?”. Un’insicurezza alimentata anche dai pregiudizi di genere. A soffrirne di più sono le donne che come Moreno hanno successo dove si pensa che non dovrebbero averne, per esempio nello sport. O quelle che come lei sfidano l’ideale assoluto della bellezza femminile costruito sullo sguardo maschile.

Il suo debutto nel 2016 ai giochi olimpici di Rio de Janeiro, in Brasile, è stato oscurato dalle offese e dagli insulti sul suo aspetto fisico. Era la prima ginnasta messicana ad arrivare alle Olimpiadi, ma su internet tutti parlavano quasi solo del suo corpo, definendola “grassa” perché non rispettava i presunti standard di una ginnasta professionista.

Si può superare tutto questo? Moreno ha dimostrato di sì: ha chiuso gli occhi e le orecchie di fronte al disprezzo con cui è stata valutata la sua presenza all’evento sportivo più importante del mondo.

“Non andare sui social network”, le avevano detto i parenti il 7 agosto 2016, durante le olimpiadi di Rio, ma è stato impossibile ignorare le centinaia di messaggi che attaccavano il suo volto, i capelli e il corpo robusto, modellato da quasi vent’anni di allenamento sportivo. La storica partecipazione di Alexa Moreno alle olimpiadi è stata oscurata dal giudizio degli altri. Purtroppo non è un caso isolato: in Messico spesso le atlete sono valutate prima di tutto per il loro aspetto, e solo in secondo luogo per i loro risultati. “Quelle persone non mi conoscono davvero”, risponde Moreno nelle interviste, dato che, a distanza di anni da quell’episodio i giornalisti continuano a farle domande sul bullismo digitale che ha subìto. Dice di prestare poca attenzione ai social network e che le uniche voci a cui presta ascolto sono quelle del suo allenatore e della famiglia.

Ma questa violenza è una costante per le donne, non solo per le atlete. Secondo i dati dell’Istituto nazionale di statistica 9,7 milioni di messicane sono state vittime di molestie digitali nel 2021. La maggior parte aveva un’età compresa tra i dodici e i ventinove anni.

Ispirazione giapponese

Moreno si è avvicinata alla ginnastica artistica ventisei anni fa. Ha fatto i suoi primi salti quando aveva appena tre anni. È cresciuta tra gare nazionali e cartoni animati di Dragon ball. “Il mio personaggio preferito è Goku” e spiega così il motivo della sua passione per la cultura asiatica: “Dà forza ai miei movimenti”. Ogni tanto nelle interviste pronuncia perfino qualche parola in giapponese.

A quindici anni, nel 2010, ha vinto la medaglia di bronzo alle Pacific rim championships, una delle più importanti competizioni internazionali di ginnastica, che si svolgono ogni due anni e a cui partecipano atlete da Australia, Stati Uniti e altre nazioni affacciate sul Pacifico. La ginnastica è stata l’attività che la madre, Yenderina Medina, aveva proposto alla figlia, anche se il padre, Octavio Moreno, avrebbe preferito la danza classica. Fin da piccola Alexa spiccava salti che nessuna ragazza della sua età riusciva a fare. Non c’era altra strada per lei. Sembrava che la ginnastica l’avesse scelta, e quello che era stato pensato come uno strumento per frenare la sua iperattività è diventato uno stile di vita.

Da quella medaglia nel 2010 alle Pacific rim championships, dopo tre settimi posti ai campionati del mondo, è arrivata la ricompensa più grande: diventare la prima ginnasta messicana a vincere una medaglia ai mondiali. C’è riuscita con il bronzo nel volteggio nel 2018 a Doha, in Qatar. “La cosa più folle è stata affrontare le mie paure ogni giorno e superarle. Che idea assurda quella di vincere una medaglia ai mondiali! Ma oggi quella follia è una conquista”, ha scritto sul suo account X.

Moreno ha intrapreso la strada dello sport come scelta di vita, una decisione che nel ventunesimo secolo in Messico è ancora considerata trasgressiva. Nel paese le bambine sono spesso tenute lontane dall’attività fisica, non per mancanza d’interesse, ma perché fin da piccole gli viene inculcata l’idea che siano gli uomini a dover lavorare di più con il corpo. “In media le bambine cominciano a praticare sport due anni dopo i bambini. Inoltre, come spiega la scrittrice e psicologa Colette Dowling, le ragazze abbandonano lo sport professionistico sei volte più spesso rispetto ai ragazzi”, ha scritto Hortensia Moreno nell’articolo “La nozione di ‘tecnologie di genere’ come strumento concettuale nello studio dello sport”, pubblicato su Revista Punto Género, il periodico dell’università del Cile: la giornalista analizza lo sport come uno spazio dove si riproducono i ruoli di genere, all’interno di un sistema di oppressione in cui le donne sono considerate inferiori o estranee al contesto. Moreno, invece, è una ginnasta di alto livello da più di vent’anni. Un altro stereotipo è stato infranto.

Obiettivo olimpico

La canzone Break the sword of justice aveva cominciato a suonare nell’arena olimpica di Rio de Janeiro. Era il 7 agosto 2016, il giorno prima del compleanno di Alexa Moreno. La messicana, alta un metro e 47, si stava preparando a eseguire la sua prova a corpo libero al ritmo della sua musica preferita, tratta dall’anime giapponese Tsubasa reservoir chronicle. Rio era solo l’inizio, la strada da percorrere era lunga: trentunesimo posto nel turno finale, dodicesimo posto nel volteggio, la sua specialità. Tornare? Certo, ma la vera rivincita avrebbe dovuto aspettare.

Cinque anni dopo, il palcoscenico era quello perfetto: Tokyo, Giappone, la sua terra adorata. Zero. Virgola. Zero. Diciassette. È stato questo il numero che ha fatto la differenza tra Alexa e il bronzo olimpico, che sarebbe stato il passo da gigante per la ginnastica femminile messicana. Moreno ha totalizzato una media di 14,716 al volteggio, ma la sudcoreana Yeo Seo-jeong ha raggiunto i 14,733. Zero. Virgola. Zero. Diciassette.

“È difficile vincere una medaglia olimpica”, ha dichiarato l’atleta, che a 29 anni ha già un biglietto per le sue terze olimpiadi, quelle di Parigi 2024, alle quali parteciperà dopo essersi classificata tra le prime quattordici ai mondiali di ginnastica artistica, che si sono svolti dal 30 settembre all’8 ottobre ad Anversa, in Belgio. Non sarebbe una sorpresa se l’anno prossimo quello 0,017 di Tokyo sparisse e la vedessimo sul podio. Un altro stereotipo sarebbe infranto.

Ma adeguarsi alle aspettative non è l’obiettivo di Moreno: ama la ginnastica, gli anime e il k-pop, ha studiato architettura dopo aver abbandonato medicina, porta ciocche di capelli dipinte di rosso, verde o rosa. La sua forza non si concentra solo nel volteggio o negli esercizi a corpo libero, ma anche nel modo in cui ha superato le critiche ricevute da una società che ancora non capisce che le donne sono forti nel fisico e nella mente.◆ fr

Biografia

1994 Nasce a Mexicali, in Messico.

1997 Comincia a praticare la ginnastica.

2010 Si classifica al terzo posto ai Pacific rim championships, un’importante gara giovanile internazionale.

2016 Partecipa alle olimpiadi di Rio de Janeiro, ma non si qualifica per la finale. Riceve insulti per il suo aspetto fisico.

2018 Diventa la prima ginnasta messicana a vincere una medaglia ai campionati del mondo, conquistando il bronzo al volteggio a Doha, in Qatar.


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Questo articolo è uscito sul numero 1538 di Internazionale, a pagina 77. Compra questo numero | Abbonati