Quando annunciano le date del congresso, significa che i vertici del Partito comunista cinese sono già d’accordo sui due temi fondamentali: le nomine e la linea politica per i cinque anni successivi. La rielezione a segretario generale di Xi Jinping sembra scontata. Anche se molti pensano che il suo governo sia stato indebolito dalla stretta sulle libertà civili, dalla politica “zero covid” e dal rallentamento dell’economia, oggi non c’è nessuno che possa sostituirlo. Ma i tempi non sono più quelli di Mao Zedong: per essere riconfermato, Xi deve avere dalla sua parte il vertice dell’apparato burocratico.
È un gioco di potere: il presidente farà entrare i suoi alleati nel comitato centrale e si assicurerà il controllo degli apparati militari, politici e giudiziari, nonché degli uffici di propaganda e di quelli contro la corruzione, imponendo, si stima, più del 60 per cento di funzionari di sua fiducia. Dovrà comunque cedere alcune poltrone: anche un leader autoritario deve saper bilanciare il potere. Sarà interessante vedere se Xi rispetterà la regola qishang baxia, “in pensione a 68 anni”, chi prenderà il posto del premier Li Keqiang e se a Li saranno assegnate altre cariche. Il nodo centrale però è la linea politica, perché mette in gioco la reputazione e l’eredità del partito. È verosimile che sia già stata decisa, ma sarà resa nota solo con il documento ufficiale che uscirà dopo il congresso, probabilmente tra diversi mesi. Chi scrive il testo dev’essere autorizzato dal comitato centrale, fortemente influenzato dalle opinioni del segretario generale. Sarà quindi lo stesso Xi Jinping a dettare la linea.
“Promuovere il grande rinascimento della nazione” e “la modernizzazione con caratteristiche cinesi” saranno probabilmente gli indirizzi che usciranno dal ventesimo congresso. Un discorso pronunciato da Xi nel luglio scorso e pubblicato di recente può aiutarci a capire quali saranno. Sostiene che non esiste solo il tipo di modernizzazione dell’occidente né un modello che può essere applicato ovunque. La modernizzazione con caratteristiche cinesi include i concetti di “prosperità comune”, “costruzione del partito” e “umanità intesa come una comunità che condivide un destino”. Così Xi potrà rivendicare di aver sfidato la modernizzazione occidentale e sperimentato nuovi modelli di sviluppo.
Le sorprese saranno poche, ma bisognerà fare attenzione ai cambiamenti politici nel prossimo futuro. Se l’economia rallenterà ancora, non è escluso che la politica “zero covid” sarà cancellata entro la fine dell’anno. Per scongiurare le conseguenze sociali di una crisi, è probabile che nel prossimo quinquennio l’economia tornerà al centro delle priorità del partito, favorendo una redistribuzione più equa in nome della “prosperità comune”. Si proseguirà con la lotta alla corruzione e la propaganda promuoverà la democrazia con caratteristiche cinesi, sfidando il modello occidentale.
In politica estera la repubblica popolare sarà un’antagonista degli Stati Uniti, cercando di non arrivare a un punto di rottura, ma preparandosi all’eventualità di uno scontro. Per quanto riguarda Taiwan, la Cina vuole ottenere a tutti i costi la riunificazione: se le relazioni con Washington subiranno una svolta profonda, non è da escludere una guerra per l’isola nei prossimi cinque anni. Tra Pechino e Mosca c’è già un’alleanza di fatto, mentre la Belt and road initiative (la nuova via della seta) rafforzerà la cooperazione economica con tanti paesi in cui espandere potenzialmente il fronte contro gli Stati Uniti. Insomma, entusiasmante o noioso che sia, al congresso del Partito comunista cinese si può partecipare solo da spettatori. E di una cosa si può essere sicuri: quando il polverone alzato si depositerà, ci accorgeremo che non sarà cambiato molto. ◆ cag
Deng Yuwen è l’ex vicedirettore di Xuexi shibao (Study times), la rivista della Scuola centrale del Partito comunista cinese.
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Questo articolo è uscito sul numero 1482 di Internazionale, a pagina 46. Compra questo numero | Abbonati