L’argentina Gato Fernandez, 35 anni, è un autrice della nuova leva che esordisce nella graphic novel e nell’autobiografia. E lo fa con grazia e delicatezza anche visiva, tanto nel segno grafico quanto nel lavoro sui colori, degno della migliore tradizione della grande scuola argentina del fumetto, storicamente una delle migliori al mondo. Il tema, molto doloroso, è sul padre che ha abusato di lei da piccola, rubandole l’infanzia per sempre. Il libro, che ha richiesto tre anni di lavoro e di lotte interiori, è sia di confessione sia terapeutico: “Essere in grado di disegnare e scrivere è ciò che mi ha salvato da follia e/o suicidio”, scrive la stessa Fernandez in un testo breve quanto forte. L’autrice, che si definisce attivista transfemminista lgbt, ha il coraggio di raccontare il tutto con un’incredibile leggerezza che va dal découpage molto scorrevole alla dimensione grafica, passando per la scelta dell’umorismo a cui si aggiunge un ottimo senso della trasfigurazione, senza però svilire la gravità di quanto racconta. Tutto è ben calibrato. Il punto di vista è quello di una bambina e così dietro alle zampe che sembrano appartenere a insetti, piccoli demoni o fantasmi, si celano in realtà le mani di un orco casalingo. C’è perfino un dialogo con dio che spunta dal wc: irriverenza dell’autrice o sguardo puro dell’infanzia? Quello che diverte bambine e bambini non è esattamente quello che disgusta gli adulti.

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Questo articolo è uscito sul numero 1418 di Internazionale, a pagina 119. Compra questo numero | Abbonati