Ci siamo. Non è più il momento delle congetture. Il Partito laburista ha ottenuto quello che voleva: Rishi Sunak ha fissato le elezioni legislative per il 4 luglio. Il primo ministro conservatore ha annunciato la sua decisione in un discorso davanti alla sede del governo, a Downing street, nel pomeriggio del 22 maggio, sotto una pioggia battente. Non esattamente la scena che avrebbe sperato. Mentre il temporale si abbatteva su Sunak, le sue parole erano coperte dalla melodia di Things can only get better, la canzone dei D:Ream diventata l’inno dei laburisti durante la vittoriosa campagna elettorale del 1997, diffusa da un gruppo di manifestanti non lontano. Stavolta, tuttavia, gli strateghi del Labour sperano di replicare non tanto quel risultato, quanto il successo ottenuto in un’altra votazione organizzata a luglio, nel 1945.
A Westminster, la sede del parlamento britannico, già la mattina del 22 maggio girava voce che l’annuncio di nuove elezioni fosse imminente. E quando a Sunak in parlamento è stata chiesta una conferma, il premier ha sorriso e si è limitato a ripetere che si sarebbe votato nella seconda metà del 2024. A quel punto gli osservatori più attenti hanno fatto notare che la seconda metà dell’anno comincia il 1 luglio. Pochi giorni prima i funzionari del Labour erano stati autorizzati a prenotare le vacanze estive, nella convinzione che il voto non sarebbe arrivato prima dell’autunno. Ora dovranno annullare tutto.
Sunak ha cominciato il suo discorso mettendo l’accento su una delle poche armi a sua disposizione, cioè il piano per la protezione dell’impiego, introdotto durante la pandemia, quando era ministro dell’economia. Il messaggio era chiaro: il premier è l’uomo che ha aiutato i britannici in un momento drammatico ed è un leader capace di garantire la sicurezza in situazioni di pericolo. “Non ho mai lasciato da solo, e non lascerò mai da solo, il popolo di questo paese nei giorni più bui”, ha dichiarato Sunak, per poi passare ad altri temi, come la sicurezza economica, e accusare i laburisti di non avere un programma di governo. Il primo ministro ha dichiarato che l’economia è in ripresa e ha invitato gli elettori a non sabotarla cambiando l’esecutivo. Sono argomentazioni che ascolteremo ogni giorno per le prossime sei settimane.
Ma perché Sunak ha deciso di convocare le elezioni così presto? Nessuno si aspettava un ritorno alle urne prima dell’estate. La possibilità di scegliere la data del voto è una delle prerogative più preziose a disposizione del premier, che può sfruttarla per sedare le ribellioni interne e tenere nell’incertezza l’opposizione. Come mi ha spiegato un ministro poco dopo il discorso di Sunak, “il dubbio tiene alta la tensione nell’opposizione, la mette in difficoltà e le fa spendere più denaro del previsto”.
Neutralizzare gli attacchi
Il motivo principale per cui tutti pensavano che Sunak non avrebbe indetto le elezioni così presto era di natura psicologica. Il primo ministro sa bene che la sconfitta è l’esito più probabile del voto. Secondo i sondaggi, i laburisti hanno venti punti di vantaggio sui conservatori. Dunque perché Sunak non ha prolungato l’attesa il più possibile, anche solo per essere ricordato come un leader rimasto in carica per due anni? Poi c’è anche il fatto che il primo ministro non è abituato a perdere e – come ha sottolineato il ministro con cui ho parlato – avere più tempo a disposizione significa anche “avere più chance di giocarsela. Perché in politica non sai mai cosa può saltare fuori”.
Alla fine, invece, Sunak ha deciso di consegnarsi all’elettorato. Dall’annuncio del voto avrà sei settimane per convincere i britannici di essere più adatto a guidare il paese del leader laburista Keir Starmer, e che i tory meritano altri cinque anni al governo. Tuttavia non potrà impedire ai cittadini e ai mezzi d’informazione di imputargli tutti i fallimenti degli ultimi quattordici anni. Qualsiasi tentativo di conquistare un’insperata vittoria grazie alla sua presunta “competenza economica” sarà vanificato dal ricordo degli errori e dell’incompetenza dei suoi predecessori. Sunak ha avuto la possibilità di prendere le distanze dagli ultimi primi ministri conservatori quando si è insediato al governo, ma ha scelto di difendere l’unità del partito e di non cambiare radicalmente direzione, evitando così una rottura con il passato.
Questo favorirà senz’altro il Labour. Sappiamo bene che il partito di Starmer costruirà la sua campagna elettorale sulla promessa di un “decennio di rinnovamento nazionale”, attraverso un programma articolato in cinque obiettivi prioritari.
A questo punto entrambi gli schieramenti dovranno accelerare il processo di selezione dei candidati per le liste elettorali. Il Labour deve ancora trovarne un centinaio.
Già diversi mesi fa fonti interne ai conservatori confermavano che in vista del voto la strategia del partito si sarebbe concentrata in ogni caso sull’economia: è il tema più caro ai loro elettori, si adatta bene alla figura di Sunak ed è legato a quelli che il premier presenta come i suoi punti di forza. Sunak non ha la stoffa del demagogo populista. Detto questo, non è chiaro perché il governo abbia dedicato tante energie al piano per il trasferimento forzato dei migranti in Ruanda per poi convocare le elezioni prima del decollo del primo aereo per Kigali. D’altra parte, nell’ipotesi che il flusso di stranieri senza documenti in regola non si fosse interrotto dopo l’attivazione del piano Ruanda, l’opinione pubblica avrebbe definitivamente perso fiducia nella politica migratoria del governo.
In definitiva le elezioni saranno un referendum sui mediocri risultati ottenuti dai conservatori. I tory cercheranno di spostare l’attenzione sul Labour, provando a dipingere l’avversario come una minaccia per i cittadini, tra aumenti delle tasse, distruzione della ricchezza, ideologia woke e socialismo. Ma la strategia seguita negli ultimi quattro anni da Starmer ha puntato a neutralizzare tutti gli attacchi di questo tipo e a rassicurare i britannici che il leader laburista è un candidato sicuro e affidabile. Chi lo critica sostiene che il costo di questo approccio sia stato la rinuncia a un programma serio e davvero in grado di affrontare i problemi del paese. Ma davanti all’imminente inizio della campagna elettorale, è molto probabile che gli strateghi laburisti siano pienamente soddisfatti della scelta fatta. ◆ as
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1565 di Internazionale, a pagina 26. Compra questo numero | Abbonati