Mentre escono libri (Benigno, La storia al tempo dell’oggi, Il Mulino; Greppi, Storie che non fanno la Storia, Laterza) che provano a spiegare e interpretare le nuove tendenze della storiografia (fine delle “grandi narrazioni”, commistione con la letteratura, personalizzazione della ricerca, condivisione delle memorie), si ristampa questo volume di una ventina d’anni fa di Enzo Traverso, storico contemporaneista specialista della violenza del novecento, della questione ebraica, delle identità. È una buona notizia, perché qui Traverso analizzava a caldo, mentre avvenivano, e allo stesso tempo in profondità, fenomeni che oggi si tendono a dare per scontati, come la progressiva sovrapposizione tra la sfera della storia e quella della memoria, la lotta – tutta politica – tra memorie più deboli e più forti, gli usi pubblici della storia successivi all’epoca della guerra fredda, in particolare quello della shoah. Partendo da questi fenomeni, con rigore ed equilibrio, Traverso spiega come non esista una storia fondata su un’interpretazione neutrale, ma al tempo stesso difende la nozione di fatto storico. Attraverso esempi tratti dalla cronaca e dalla letteratura accademica precisa perché siano diversi i ruoli del giudice e quello dello storico, chiarisce la differenza tra revisione e revisionismo, mostrando di aver ben capito in che direzione si stava andando. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1581 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati