I tatuaggi, che si tratti di una farfallina sulla caviglia o dello stemma di una squadra di calcio sulla schiena, sono da tempo considerati un modo per esprimere la propria personalità, e a volte hanno un valore culturale. Adesso, però, la ricerca sta cominciando a occuparsi dei potenziali rischi per la salute.

I pigmenti dei tatuaggi sono composti da numerose sostanze chimiche. Il regolamento dell’Unione europea sulla registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (Reach) stabilisce i limiti delle concentrazioni di circa quattromila composti presenti nei pigmenti, soprattutto a causa del rischio di cancro. Eppure, in certi paesi europei e negli Stati Uniti, alcuni sono legali anche in concentrazioni più alte.

Chiara Dattola

“È un campo difficile da studiare perché l’inchiostro dei tatuaggi contiene diversi ingredienti”, spiega Rachel Orritt del Cancer Research UK.

Gli scienziati però stanno cominciando a esaminarli. Nell’ottobre 2024 un’analisi degli inchiostri blu e verdi venduti in tutta Europa ha rivelato che nove su dieci non rispettavano il regolamento Reach e quattro contenevano composti vietati. “Mi chiedono spesso se i tatuaggi siano sicuri, ma il problema è che non sapendo cosa contengono è impossibile rispondere”, dice John Swierk della Binghamton university di New York, che ha partecipato allo studio.

Inoltre i pigmenti non restano in superficie. “Il sistema immunitario si attiva perché riconosce una presenza estranea”, spiega Christel Nielsen dell’università di Lund, in Svezia. I globuli bianchi chiamati macrofagi prelevano i pigmenti e li trasportano ai linfonodi, forse per cercare di eliminarli dal corpo. A un uomo tatuato i medici hanno addirittura diagnosticato un tumore in stadio avanzato pensando che il colore nero dei suoi linfonodi fosse un segno della malattia.

“Sappiamo che l’inchiostro raggiunge i linfonodi e che contiene sostanze chimiche potenzialmente tossiche”, dice Nielsen. Per comprenderne i possibili effetti lei e il suo team hanno esaminato circa 1.400 persone tra i venti e i sessant’anni a cui nei dieci anni precedenti era stato diagnosticato un linfoma – un tumore del sistema linfatico, che comprende i linfonodi – e le hanno confrontate con 4.200 individui sani, di età, genere e condizioni socioeconomiche corrispondenti.

Dai risultati, pubblicati nel 2024, è emerso che le persone tatuate avevano il 20 per cento di probabilità in più di sviluppare un qualunque tipo di linfoma rispetto al gruppo di controllo.

Generazioni disegnate
Percentuale di statunitensi con almeno un tatuaggio, 2023 - Pew research center
Percentuale di statunitensi con almeno un tatuaggio, 2023 (Pew research center)

Può sembrare sorprendente, ma chi si era fatto rimuovere un tatuaggio con il laser aveva un rischio di linfoma quasi triplo rispetto ai non tatuati. “Il laser frammenta le molecole di pigmento, rimpicciolendole affinché possano essere eliminate attraverso il sistema linfatico, ma il procedimento rende le sostanze chimiche più reattive e potenzialmente più tossiche”, spiega Nielsen.

I ricercatori non hanno riscontrato prove di una correlazione maggiore o minore con il linfoma a seconda che l’inchiostro fosse nero o colorato, né di un eventuale aumento del rischio in presenza di più tatuaggi, ma per Nielsen è possibile che lo studio non sia stato abbastanza ampio da individuare queste potenziali correlazioni. Tuttavia sottolinea che il rischio individuale è probabilmente basso. “Il linfoma è ancora una malattia rara, e in Svezia ogni anno ne vengono diagnosticati circa trecento su una popolazione di dieci milioni di abitanti”, dice. “Le nostre stime hanno valore al livello collettivo e non vanno interpretate come rischi individuali, perché le persone sono tutte diverse, mentre la stima del rischio è una media”.

Allerta costante

I risultati di Nielsen sono stati corroborati da uno studio più recente, in cui Signe Clemmensen e i colleghi dell’università della Danimarca meridionale hanno studiato 158 coppie di gemelli in cui almeno uno dei due era affetto da linfoma o da cancro della pelle.

Anche loro hanno trovato un legame tra il linfoma e i tatuaggi, e lo studio indica che le dimensioni del disegno potrebbero contare. Un tatuaggio più grande di un palmo era collegato al triplo di probabilità di sviluppare il linfoma e a circa il doppio di probabilità di sviluppare un cancro della pelle rispetto all’assenza di tatuaggi.

A prescindere dalle dimensioni, l’incidenza del cancro della pelle era comunque del 60 per cento più alta tra le persone tatuate. “A nostro avviso i tatuaggi innescano una risposta immunitaria cronica, perché il sistema immunitario interviene continuamente contro il corpo estraneo e quando è in costante allerta il rischio di proliferazione anomala delle cellule aumenta”, commenta Clemmensen. “Di conseguenza aumenta anche il rischio di tumori”.

Nonostante i timori, gli scienziati sottolineano che il legame tra tatuaggi e cancro è tutt’altro che chiaro. “Prima di poter stabilire un nesso causale bisogna approfondire la ricerca”, dice Nielsen, che ha lei stessa diversi tatuaggi. Si potrebbero fare test sulle cellule o sugli animali e realizzare ampi studi osservazionali in più paesi.

“Non disponiamo di sufficienti evidenze per affermare che i tatuaggi aumentano il rischio di cancro: servono altri studi”, concorda Orritt.

Nel frattempo, secondo Clemmenson non bisogna scoraggiare chi vuole farsi tatuare. “A chi ha un tatuaggio o medita di farsene uno direi che non c’è ancora motivo di preoccuparsi troppo”, conclude. ◆ sdf

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Questo articolo è uscito sul numero 1608 di Internazionale, a pagina 104. Compra questo numero | Abbonati