L’11 luglio, dopo che la nazionale italiana ha sconfitto l’Inghilterra e vinto il campionato europeo di calcio 2020, in tutta Italia c’è stata un’esplosione di gioia: caroselli di auto, trombe, fuochi d’artificio e abbracci, tanti abbracci. Una svolta straordinaria non solo per la squadra, ma anche per un paese in difficoltà. Ma se la combattiva, infaticabile e, inaspettatamente, imbattuta squadra italiana ha sollevato gli animi dopo il lockdown e le sofferenze della pandemia, la sua vittoria è solo l’ultimo segnale di una rinascita nazionale. Nello stesso giorno Matteo Berrettini è stato il primo tennista italiano a giocare la finale di Wimbledon. Poco prima che scendesse in campo, papa Francesco è apparso in pubblico per la prima volta da quando è stato sottoposto a un importante intervento chirurgico al colon. A maggio, il gruppo rock romano Måneskin ha vinto il festival Eurovision. E Khaby Lame, 22 anni, della provincia di Torino, ha uno degli account di TikTok più seguiti al mondo.

Le sorti dell’Italia si stanno risollevando, non solo simbolicamente. A febbraio una crisi politica ha consentito l’arrivo di Mario Draghi, l’ex presidente della Banca centrale europea, il cui profilo internazionale ha contribuito a fare dell’Italia una forza trainante in Europa. Più della metà degli italiani ha ricevuto una dose di vaccino; ristoranti, bar, parchi e spiagge hanno riaperto. Miliardi di euro stanno arrivando in Italia nell’ambito dell’enorme operazione di salvataggio europea per contrastare i danni economici causati dalla pandemia. Cambiamenti un tempo ritenuti inimmaginabili, compreso il ridimensionamento di una burocrazia paralizzante, oggi sembrano plausibili.

Una posizione più forte

Questi cambiamenti sostanziali forse hanno messo l’Italia in una posizione di forza rispetto ai paesi vicini, dove abbondano l’incertezza politica e la tensione. Di certo nulla unisce un paese e crea un comune sentimento di entusiasmo, quanto una vittoria della nazionale di calcio. Le urla sfrenate, gli applausi per il gol del pareggio di Leonardo Bonucci nel secondo tempo e i due rigori parati da Gianluigi Donnarumma, le manifestazioni di gioia dai balconi romani, dalle piazze bergamasche e dalle spiagge siciliane sono espressioni di un ritorno alla vita. La finale di Wimbledon, in cui Matteo Berrettini era riuscito a vincere il primo set con Novak Djokovic, era stato il riscaldamento per l’evento principale.

Il cinema all’aperto a Trastevere ha interrotto la sua programmazione (era prevista la proiezione di Un giorno perfetto di Ferzan Özpetek) per trasmettere la partita. L’affluenza è stata molto più alta del solito. I tifosi si sono riversati in tutte le grandi piazze, le suore si sono sedute davanti ai televisori e le famiglie hanno fatto scorta di bandiere e trombette. “È nata il giorno in cui l’Italia ha alzato la coppa del mondo”, dice Carlo Alberto Pietrangeli, 52 anni, a proposito di Ester Aquilani, 15 anni, avvolta in una bandiera. Ce l’ha anche suo cugino, Lorenzo Ciurleo, 12 anni, che si è rifiutato di sventolarla prima della finale per paura che portasse sfortuna.

La squadra ha festeggiato in campo raggiunta dal finalista di Wimbledon

Se a livello di decibel le celebrazioni del passato – la più recente è stata quella per la vittoria dei Mondiali nel 2006 – sono state pari alla baldoria di domenica sera, sicuramente non avevano la stessa carica di emotività e frustrazione repressa. “La nazionale è il simbolo di un paese che nei momenti difficili ha sempre saputo rialzarsi”, aveva detto il commissario tecnico Roberto Mancini prima dell’inizio del torneo, mentre l’Italia era ancora in lockdown. La nazionale ha mostrato al paese di sapersi rialzare, scrollarsi via la polvere e superare il resto d’Europa. Alla fine del 2017 l’Italia, per la prima volta in sessant’anni, non era riuscita a qualificarsi per i campionati del mondo, che ha vinto quattro volte. “Vergogna nazionale” e “Apocalisse” avevano titolato i giornali, in un paese in cui il calcio è molto importante per l’identità nazionale. L’umiliazione aveva provocato una crisi esistenziale.

Mesi dopo la Lega, antieuropeista, e il Movimento 5 stelle, populista, hanno scelto Giuseppe Conte, un professore di diritto poco conosciuto, per guidare il paese. È seguita una fase di drammi politici, di incompetenza spesso sbalorditiva, di tentativi di ingraziarsi Donald Trump e di minacce all’Unione europea. Poi la coalizione è cambiata, ma Conte è rimasto. Infine, a febbraio del 2020, il primo grande focolaio di coronavirus dell’occidente è esploso nel Norditalia, causando in tutto il paese più di 120mila morti, paralizzando l’economia e costringendo molte attività, tra cui il calcio, a fermarsi.

Dall’arrivo di Draghi circa il 58 per cento degli italiani ha ricevuto almeno una dose di vaccino, e la Lega e i cinquestelle ora sostengono il suo governo. Prima che gli azzurri portassero a casa il titolo, Draghi aveva cercato di far spostare la finale a Roma. A giugno aveva chiesto di trasferire l’incontro dallo stadio Wembley di Londra, dove era esplosa la variante delta, all’Olimpico di Roma. Con una frecciata non troppo sottile al primo ministro britannico Boris Johnson, che è stato tra i sostenitori della Brexit, Draghi aveva suggerito di spostarlo in “un paese in cui le nuove infezioni da coronavirus non sono in aumento”. Ma nessuno si aspettava che la nazionale maschile italiana, con tanti giocatori giovani e inesperti, avrebbe giocato la finale a Wembley, dove nel 1992 il suo commissario tecnico Roberto Mancini, all’epoca giocatore della Samp­doria, perse la finale di Coppa dei campioni contro il Barcellona.

Giorgio Chiellini, capitano della nazionale, e veterano dei difensori, aveva notato che in squadra c’era una “chimica” che era “una sorta di magia”. E mentre continuava a vincere, erano sempre di più gli italiani che cominciavano a crederci.

Dopo i logoranti calci di rigore e la parata di Donnarumma che ha reso l’Italia campione d’Europa, i tifosi inglesi non potevano crederci. La loro nazionale non vinceva una competizione importante e non arrivava a una finale da 55 anni. Ma la squadra era promettente, aveva giovani e coscienza sociale e sembrava riflettere un’Inghilterra complessa e multiculturale che a volte non era emersa nei dibattiti sulla Brexit. Quella squadra univa un paese che aveva trascorso gran parte degli ultimi quattro anni e mezzo a discutere con se stesso sull’uscita dall’Unione europea e gran parte degli ultimi quindici mesi in lockdown. La regina Elisabetta, che ha 95 anni, aveva ricordato in una lettera all’allenatore della squadra che 55 anni fa aveva consegnato la Coppa del mondo al suo predecessore. Più del 70 per cento della popolazione del Regno Unito è nato dopo quel campionato. E molti altri ne nasceranno prima di interrompere questa serie di sconfitte.

Le lacrime hanno lavato via la bandiera inglese che Rosie Mayson, 25 anni, aveva dipinta sul viso. “Sono devastata”, ha detto, “non abbiamo riportato la coppa a casa”. “Non siate tristi”, ha detto James Mcdonall, 50 anni, a un gruppo di adolescenti. “Tutto questo è tipicamente inglese: sperare e poi perdere ai rigori in una giornata di pioggia”.

Fuochi d’artificio

I tifosi romani non hanno avuto bisogno di essere consolati. Si sono strappati le magliette per mostrare le bandiere italiane dipinte sul petto. “Siamo noi. Siamo noi”, cantavano in cerchio, con i fuochi d’artificio azzurri che gli illuminavano il volto. “I campioni d’Europa siamo noi”. Un fiume di tifosi scorreva per le strade di Roma, con molti che si arrampicavano su semafori, cassonetti e sulle spalle l’uno dell’altro. Le auto che suonavano il clacson hanno intasato le strade in un ingorgo gioioso. I fuochi d’artificio illuminavano una città che non voleva andare a dormire. “È stata la cosa più bella della mia vita”, dice Daniele Pace, 20 anni, che indossa la maglia azzurra e ha una bandiera intorno ai fianchi. “È la cosa migliore che potesse capitarci dopo il covid. E vincere contro gli inglesi è stato ancora meglio. Non fanno neanche parte dell’Unione europea”. Il governo italiano è stato più diplomatico: ha inviato un comunicato con i colori verde, bianco e rosso, in cui si diceva che il presidente del consiglio avrebbe ricevuto la squadra il giorno dopo nel suo ufficio “per ringraziarla a nome del governo”. Mentre l’Italia esultava, la squadra festeggiava in campo, raggiunta dal finalista di Wimbledon.

L’Inghilterra pensava che il trofeo sarebbe andato a casa sua, e invece andrà a Roma. “Mi dispiace per loro”, ha detto Bonucci alla tv italiana dopo la partita. “Ma la coppa torna a Roma, abbiamo dato una lezione agli inglesi”. ◆ bt

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Questo articolo è uscito sul numero 1418 di Internazionale, a pagina 24. Compra questo numero | Abbonati