A Quepem, cittadina nello stato indiano occidentale di Goa, i campi lussureggianti costellati dalle palme creano uno stretto percorso che porta al maestoso Palácio do Deão, costruito nel 1787 dal fondatore della città, il nobile portoghese Jose Paulo de Almeida. Alla morte di Almeida, il palazzo fu occupato prima da un prete della vicina chiesa della Santa croce e poi dalle suore, che l’avevano trasformato in un ricovero per donne indigenti.
Oggi, dopo un restauro finanziato dagli attuali proprietari, l’ingegnere Reuben Vasco da Gama e la moglie Celia, microbiologa, il palazzo e i suoi splendidi giardini terrazzati sono aperti al pubblico. La coppia che l’ha comprato nel 2002, quand’era in stato di abbandono, vive nell’enorme edificio insieme ai due figli, ed è consapevole di avere il compito di preservarlo. “Volevamo mantenere l’insolita architettura del palazzo e arredarlo con manufatti e mobili dell’epoca”, spiega Vasco da Gama.
Costruito durante il dominio coloniale portoghese (1510-1961), il palazzo è in stile indolusitano, con una serie di adattamenti alle usanze locali. Dopo averlo rilevato, Vasco da Gama e la moglie sono tornati in Portogallo per studiare architettura e botanica. Una volta rientrati a Goa, hanno avviato un processo di restauro durato tre anni. Ogni stanza del palazzo è decorata con oggetti e motivi legati al passato: una collezione di francobolli vecchia di 130 anni che racconta gli oltre quattro secoli di dominio portoghese, una cassapanca di legno di canfora che aprendosi diventa una scrivania e finestre e porte con persiane di gusci d’ostrica che filtrano la luce esterna. C’è addirittura un armadietto pieghevole che si trasforma in toletta. I coniugi servono tipiche pietanze indoportoghesi su prenotazione.
Viaggio nel tempo
Il Palácio do Deão è solo uno degli edifici storici disseminati in tutto il territorio di Goa, annesso dall’India nel 1961 e diventato uno stato nel 1987. Alcuni sono stati riportati alla loro gloria passata, mentre altri versano in pessime condizioni o sono stati per gran parte demoliti. La casa Menezes Braganza, nel villaggio di Chandor, è un’altra villa del seicento piena di pezzi d’antiquariato, porcellane cinesi, lampadari di cristallo e mobili antichi, con una grande sala da ballo e un salone. La famiglia originaria ne occupa ancora la struttura labirintica e la mostra ai visitatori in cambio di una piccola offerta.
Questi palazzi sontuosi, costruiti dai facoltosi mercanti e dai proprietari terrieri di Goa, in gran parte cattolici, regalano uno scorcio della ricchezza storica e architettonica del territorio: porcellane di Macao, lampadari belgi, mattonelle italiane e mobili in palissandro creati dalle maestranze locali. Parecchi hanno anche cappelle e sale da ballo.
Anche se di solito sono indicate genericamente come “case portoghesi”, queste strutture fondono le influenze locali con elementi dell’architettura portoghese, indiana e goana. Motivi come i serpenti e le divinità indù sono molto comuni, insieme ai porticati, alle lunghe verande, ai pavimenti intarsiati con cocci di vasellame e alle ringhiere di cemento o ferro con disegni floreali e geometrici. “L’architettura di Goa ha una lunga storia d’integrazione con l’ambiente”, spiega Sanjeev V. Sardesai, promotore del patrimonio di Goa che gestisce un’organizzazione locale chiamata Storici sul campo. “I laterizi che abbondano nella zona, la calce di conchiglie per impermeabilizzare i muri e le tegole di terracotta disposte su travi di legno come pezzi di un puzzle si combinano ingegnosamente per creare una dimora ariosa, ben illuminata e visivamente impressionante”.
Probabilmente è stata l’ampia scelta di materiali ad attirare l’attenzione dei coloni portoghesi che, con l’aiuto degli artigiani locali, hanno abbinato l’architettura europea alle tecniche indiane per creare alloggi grandiosi, esteticamente apprezzabili ma anche molto pratici.
A Fontainhas, il cosiddetto quartiere latino nella capitale Panaji, si trovano numerose case antiche. Molte sono state costruite all’inizio dell’ottocento, quando la sede del governo coloniale si spostò qui dalla vecchia città di Goa a causa di un’epidemia di peste. Passeggiando per le strade strette del quartiere, dichiarato dall’Unesco patrimonio mondiale dell’umanità nel 1984, sembra di viaggiare nel tempo. I vicoli tortuosi sono costeggiati da case con tegole dipinte in spettacolari sfumature di blu, verde bottiglia e rosso.
Le chiese imbiancate, i piccoli forni, i muri e gli ingressi decorati con piastrelle di ceramica provenienti dalla penisola iberica offrono un assaggio del Portogallo. Tanti edifici sono ancora usati come abitazioni, mentre altri sono stati trasformati in boutique, ristoranti e alberghi di lusso. La guida turistica locale Jonas Monteiro ci spiega che le case di Fontainhas sono protette dalla legge statale, insieme ad altre situate in aree diverse. Tuttavia le regole riguardano solo una piccola parte del patrimonio immobiliare di Goa. Molte vecchie case sono ancora in stato di abbandono, perché troppo costose da mantenere ma anche difficili da vendere perché la proprietà è divisa tra molte persone e c’è il rischio di prolungate battaglie legali.
La rapida urbanizzazione e il boom immobiliare “hanno attirato organizzazioni criminali che hanno distrutto diversi vecchi edifici per accaparrarsi i terreni”, spiega Monteiro. Ma ci sono anche case che sono state acquistate e ristrutturate, spesso da persone originarie di Goa che volevano tornare alle loro radici e proteggere il patrimonio locale. Casa Susegad, nel villaggio di Loutolim, è stata riportata in vita da un magnifico restauro. Circondata dalla giungla, oggi è un boutique hotel di cinque camere con interni variopinti.
Vivenda dos Palhacos, nel villaggio meridionale di Majorda, è un’incantevole casa indù restaurata le cui mura sono state realizzate con la tecnica del pisé. L’abitazione si trova di fronte a una villa portoghese costruita nel 1929. Casa Siolim, invece, è una dimora del seicento in stile indoportoghese che si trova nell’omonimo piccolo villaggio settentrionale ed è stato proposto all’Unesco per i suoi apprezzabili restauri. Gran parte dei boutique hotel offre cucina goana, tour guidati e assaggi della cultura locale e della semplice vita del villaggio. L’architetta Rochelle Santiman, di Studio Praia, ha restaurato molte vecchie case nello stato e sostiene che “il matrimonio tra vecchio e nuovo” sia essenziale per un buon restauro. “La sfida principale è mantenerne l’ossatura in modo da conservare la struttura, il fascino antico e le caratteristiche architettoniche, introducendo elementi di design che siano rappresentativi del ventunesimo secolo”.
L’attivista e scrittrice Heta Pandit ha fondato nel 2002 il Goa heritage action group insieme agli architetti Raya Shankhwalker e Poonam Verma Mascarenhas, e secondo lei non è chiaro quante siano le case storiche a Goa. Per questo chiede la compilazione di una lista ufficiale, che sarebbe il primo passo verso la protezione adeguata del patrimonio unico dello stato.
“Come possiamo proteggere qualcosa se non sappiamo quello che abbiamo?”, si domanda Pandit. Il suo libro Stories from Goan houses documenta l’esperienza di alcune famiglie che hanno acquistato e ristrutturato importanti abitazioni nello stato, comprese meraviglie come la villa Figueiredo di Loutolim, costruita negli anni ottanta del cinquecento e più antica del Taj Mahal, completato nel 1653. La vecchia proprietaria, Maria de Lourdes Filomena Figueiredo de Albuquerque era una donna molto nota a Goa. Tra il 1965 e il 1969 rappresentò l’ex colonia nel parlamento portoghese, anche se il territorio era sotto il controllo indiano già dal 1961.
“Non ho i mezzi per restaurare tutte le dimore storiche di Goa”, spiega Pandit. “Ma posso far conoscere la loro bellezza e il loro valore come contenitori di cultura e storia goana, familiare e di comunità. Credo che tutto cominci con l’amore e la passione per questi edifici. Il resto viene da sé”. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1535 di Internazionale, a pagina 76. Compra questo numero | Abbonati