Come previsto, il 28 maggio il parlamento georgiano ha respinto il veto della presidente Salome Zourabichvili alla contestata legge che impone alle ong e mezzi d’informazione finanziati dall’estero di registrarsi come “portatori di interessi di paesi stranieri”. La norma entrerà in vigore entro 60 giorni e potrebbe ostacolare il processo d’integrazione della Georgia nell’Unione europea. Ma l’opposizione europeista e democratica sembra determinata a continuare la protesta, che va avanti con manifestazioni quotidiane da due mesi, scrive la Bbc.
Integrazione a rischio
Continuità alla presidenza
L’europeista Gitanas Nausėda è stato confermato alla presidenza della Lituania dopo aver sconfitto con il 76 per cento dei voti al ballottaggio del 26 maggio la premier liberale Ingrida Šimonytė. La campagna presidenziale è stata dominata dai temi della minaccia russa e della sicurezza, su cui i due candidati avevano posizioni simili, scrive Afp.
Il genocidio contestato
Il massacro di ottomila uomini e ragazzi bosniaci musulmani compiuto nel 1995 a Srebrenica dall’esercito serbobosniaco e dai paramilitari serbi è stato riconosciuto come genocidio anche dalle Nazioni Unite, che così aderiscono all’interpretazione della Corte internazionale di giustizia e della Corte penale internazionale. Il 24 maggio l’assemblea generale ha approvato una risoluzione, proposta da Germania e Ruanda, che istituisce l’11 luglio come “giornata del ricordo del genocidio di Srebrenica”. Il documento è stato fortemente criticato dai serbi di Bosnia e dalla Serbia, il cui presidente, Aleksandar Vučić, ha detto che l’obiettivo del testo è bollare i serbi come “popolo genocida”. Tra i paesi che hanno votato contro ci sono Russia, Ungheria e Cina. “La risoluzione non sostiene affatto che la Serbia è una nazione genocida”, scrive il serbo Vreme. “I condannati per il massacro hanno nome e cognome. E i più noti sono Ratko Mladić e Radovan Karadžić, che Vučić conosce molto bene. Sono loro i colpevoli, non i serbi. E se qualcuno attribuisce colpe collettive ai serbi è proprio Vučić, con le sue polemiche sulla decisione dell’Onu”.
Mille settimane in piazza
Da mille settimane ogni sabato, con qualche sporadica interruzione, decine di donne manifestano nel cuore di Istanbul, in piazza Galatasaray. Sono le “madri del sabato”: ispirate dalle madri argentine di plaza de Mayo, cercano notizie dei loro parenti scomparsi dopo l’arresto. “Sono spariti quando erano in custodia della polizia, forse uccisi o torturati. I loro corpi sono stati sepolti senza nome in qualche angolo remoto del paese o non sono mai stati trovati”, scrive il quotidiano BirGün. Secondo il Centro della memoria, tra il 1980 e il 2000 sono scomparse 1.338 persone. Il movimento è nato il 27 maggio 1995, dopo il ritrovamento del corpo torturato di Hasan Ocak a Istanbul. È in quell’occasione che le madri si sono riunite per la prima volta. La polizia ha cercato di fermare la protesta, anche con la violenza. “Ma se per altri piazza Galatasaray è solo uno spazio pubblico all’aperto”, dicono le donne, “per noi è il luogo dove incontrare la nostra gente perduta”. ◆
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