Accusare un paese amico e alleato di non rispettare la parola data è, nel migliore dei casi, poco educato. Farlo alla vigilia di un summit d’importanza globale che questo paese ospita, la Cop26 di Glasgow sul clima, è un atto di guerra verbale. Non è chiaro se l’accusatore, il presidente francese Emmanuel Macron, abbia agito per alimentare lo scontro con il Regno Unito sulle licenze di pesca. Ma di certo sa che le sue parole sono un elemento destabilizzante che arriva proprio mentre Londra si sforza di ottenere risultati nel vertice di Glasgow. Per il leader francese, il premier britannico Boris Johnson è un opportunista, un populista e un nazionalista. Il problema è che per molti versi Macron non è diverso. Entrambi vengono da ambienti elitari, hanno trasformato la politica conservatrice tradizionale e hanno una visione grandiosa del posto che il loro paese occupa nel mondo. Ed entrambi plasmano la politica a loro vantaggio.
Come ha detto il ministro dell’ambiente britannico George Eustice, Macron sta usando lo scontro sulle licenze di pesca per guadagnare consensi in vista delle presidenziali del 2022. In Francia bastonare i britannici non fa certo perdere voti. Anche Johnson, però, sta manipolando i pescatori per i suoi obiettivi politici. Per risolvere la disputa basterebbe un po’ di buonsenso e di buona volontà. Ma durante la campagna referendaria del 2016 sulla Brexit il premier aveva fatto delle promesse assurde al mondo della pesca, e oggi gli conviene soffiare sul fuoco. La sua laconica reazione alle minacce francesi di tagliare l’elettricità e il commercio attraverso la Manica, definite “sorprendenti”, tradisce un irritante senso di superiorità. Ciò considerato, le parole di Macron sulla scarsa affidabilità di Johnson erano forse inevitabili, anche alla luce delle recenti tensioni su immigrazione e commercio. I due, inoltre, sono in competizione per assicurarsi l’amicizia del presidente americano Joe Biden, il quale, per adesso, ha deluso entrambi. Il risultato è che oggi i leader di due dei più influenti paesi del mondo rischiano di inquinare un vertice di importanza cruciale con le loro piccole rivalità.
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Questo articolo è uscito sul numero 1434 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati