Alla vigilia delle Olimpiadi di Parigi, i giornali italiani raccontano già le inchieste della procura di Milano su quelle invernali di Milano-Cortina, che cominceranno nel 2026. Secondo l’accusa, l’ente organizzatore è privato solo di nome, quindi si può contestare il reato di corruzione. A prescindere dalle sentenze penali, gli organizzatori sembrano già colpevoli di costi fuori controllo. A maggio è uscita la nuova edizione dello studio dell’università di Oxford sui costi dei giochi olimpici: quelli di Milano-Cortina dovrebbero costare l’equivalente di almeno 2,6 miliardi di dollari, il doppio di quanto preventivato (o il 78 per cento in più in termini reali, al netto dell’inflazione). Non è un rischio, è una certezza. Ed è anche la norma: i giochi costano sempre troppo, sono presentati come un grande affare al momento dell’assegnazione e poi si rivelano un disastro per i conti pubblici, al punto che molti governi cercano di nascondere i numeri (mancano ancora quelli definitivi su Rio 2016). Secondo i confronti dell’università di Oxford, le Olimpiadi invernali italiane del 2026 costeranno meno delle precedenti, ma solo perché le edizioni passate avevano avuto costi esorbitanti, dai 28,9 miliardi di Sochi nel 2016 agli 8,7 miliardi di Pechino nel 2022. Nella storia, però, i giochi invernali sono sempre costati meno, anche se con un trend in crescita. A Nagano, in Giappone, nel 1998 furono spesi solo 2,2 miliardi. Ospitare le Olimpiadi è un pessimo affare, e a ogni edizione è peggio. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1572 di Internazionale, a pagina 95. Compra questo numero | Abbonati