A pochi giorni dal 4 settembre, quando i cileni voteranno in un referendum per decidere se approvare (apruebo) o respingere (rechazo) la nuova costituzione, ci sono state manifestazioni nelle principali città del paese. Il voto è obbligatorio e circa quindici milioni di cittadini sono chiamati a fare la loro scelta. La popolazione è divisa, anche se secondo gli ultimi sondaggi la maggioranza è favore del rechazo. Quello che emerge dalle manifestazioni è la volontà di discutere in modo preciso alcuni temi della nuova costituzione. Negli ultimi giorni, per esempio, a Santiago molte persone hanno manifestato in sostegno del sì alla costituzione, perché tutela il diritto alla casa.
Tutela dell’ambiente
Ci sono stati anche cortei di donne, che difendono gli articoli della carta sul diritto all’aborto e la parità di genere nel settore dell’amministrazione pubblica. Studenti e gruppi di nativi hanno manifestato insieme per sostenere la parte che definisce il Cile uno stato plurinazionale e multiculturale, e riconosce la sovranità dei popoli indigeni. Anche se rappresentano il 12 per cento della popolazione cilena, i popoli nativi non sono tutelati dalla vecchia costituzione, ereditata dalla dittatura del generale Augusto Pinochet, ma riformata varie volte dopo il ritorno alla democrazia nel 1990.
Il testo incontra una forte opposizione soprattutto nelle regioni del sud
Gli ambientalisti hanno sfilato in bicicletta sventolando bandiere per il sì alla costituzione, con slogan in difesa dell’ambiente e il simbolo dei mapuche, il gruppo indigeno più numeroso del Cile. Nel testo scritto dall’assemblea costituente si legge che “la natura ha dei diritti” e che “lo stato e la società hanno il dovere di proteggerla e rispettarla”.
Anche chi è contrario alla nuova costituzione è sceso in piazza per esprimere il suo dissenso. A Puente Alto, uno dei quartieri più poveri della capitale Santiago, un gruppo di donne ha sventolato striscioni contro la proposta di cambiamento.
“La nostra volontà non è espressa nella costituzione”, dice Marcela Sepúlveda, leader della corporazione femminile che difende le tradizioni cilene. “Non siamo d’accordo con le nuove leggi di genere e vogliamo dirlo chiaramente, chiediamo che le nostre usanze siano rispettate”, aggiunge.
Il testo, che in caso di vittoria dell’apruebo potrebbe diventare la nuova costituzione del Cile, incontra una forte opposizione soprattutto nel sud del paese, dove da tempo ci sono conflitti violenti tra la popolazione mapuche e i proprietari terrieri. Nella regione dell’Araucanía i cortei hanno attaccato gli articoli che istituiscono la sovranità indigena, l’accesso all’educazione nelle lingue native e una giustizia indigena, che garantirebbe ai popoli nativi un sistema giudiziario ispirato alla tradizione ancestrale di ogni etnia. Un modello simile è in vigore in Bolivia.
Propaganda per il no
Secondo l’analista politica Claudia Heiss, la distanza tra chi è favorevole e contrario alla nuova costituzione dipende soprattutto da come le questioni in gioco sono state presentate all’opinione pubblica.
“La campagna per il sì è stata condotta con pochi soldi, donazioni e pubblicità. La mancanza è stata però compensata dalle manifestazioni di piazza e dal lavoro delle organizzazioni studentesche e della società civile, che stanno promuovendo una serie di eventi per informare la popolazione in modo corretto”, dice Heiss. Secondo lei, il movimento a favore del rechazo ha potuto contare su una gigantesca propaganda, in particolare sui mezzi d’informazione.
Questo dato può spiegare in parte il cambiamento degli ultimi mesi nei sondaggi. A gennaio di quest’anno, secondo un rilevamento dell’istituto Cadem, il 56 per cento dei cileni si diceva favorevole alla nuova costituzione. Solo il 33 per cento era contrario. La distanza tra i due blocchi si è a poco a poco ridotta, poi dallo scorso aprile lo scenario si è completamente ribaltato: nell’ultimo sondaggio è emerso che i cileni a favore del rechazo sono il 46 per cento, quelli a favore dell’apruebo il 37 per cento e gli indecisi il 17 per cento.
Il 4 luglio 2022, a un anno esatto dall’inizio dei lavori dell’assemblea costituente, i cui delegati erano stati eletti nel maggio 2021, il presidente cileno Gabriel Boric ha ricevuto una copia della nuova costituzione e ha convocato un referendum popolare per il 4 settembre per approvarla o respingerla. Il testo, trecento pagine con 388 articoli e 54 norme transitorie, è il risultato di discussioni e compromessi per cercare una via d’uscita istituzionale alle domande emerse durante le proteste sociali contro le disuguaglianze scoppiate in Cile nell’ottobre 2019. Se sarà approvato, il testo costituzionale sostituirà quello del 1980, che nel suo impianto formale risale all’epoca della dittatura di Augusto Pinochet, anche se è stato modificato in più occasioni. “Ma nei mesi in cui i costituenti hanno lavorato al nuovo testo, la fiducia dei cittadini verso il processo costituente è diminuita”, scrive il quotidiano cileno La Tercera.
“La responsabilità è stata di alcune proposte estreme – per esempio quella di eliminare tutti i poteri dello stato e sostituirli con un’assemblea dei lavoratori e del popolo – e di vari scandali scoppiati tra i costituenti”, afferma Daniel Matamala in un commento sul Washington Post. Il più grave ha coinvolto Rodrigo Rojas Vade, una figura di spicco durante le manifestazioni del 2019, che ha costruito una carriera politica sulla sua battaglia contro la leucemia e le disuguaglianze nell’accesso alla sanità a causa delle quali si era impoverito. Quando un’inchiesta della Tercera ha rivelato che la sua malattia era falsa, Rojas Vade si è dimesso dall’assemblea. Ma a quel punto l’immagine dell’istituzione era compromessa.
A questi fatti si è aggiunta una violenta campagna di disinformazione e diffusione di notizie false sulla costituzione, come quelle secondo cui il nuovo testo abolisce la proprietà privata e autorizza l’aborto fino al nono mese di gravidanza. ◆
Tuttavia, all’interno dei due fronti ci sono sfumature e correnti diverse. Nel gruppo che vuole mettere definitivamente una pietra sopra la costituzione dell’era Pinochet qualcuno chiede di ridiscutere qualche articolo dopo l’approvazione del testo nel referendum. Una cosa simile succede tra chi è contrario alla nuova costituzione: una parte di chi vuole votare il rechazo non disapprova tutti gli articoli, quindi tra i due poli ci sono dei punti di contatto.
“Vincerà il no”, afferma Carol Bown, che ha fatto parte dell’assemblea costituente per il partito di destra Unión demócrata independiente. Ma secondo lei, “lo sforzo fatto dall’assemblea non sarà del tutto inutile: servirà a far ridiscutere alcuni punti inseriti nel testo in tutta fretta, come se fosse una bozza”.
Il governo del presidente di sinistra Gabriel Boric, favorevole alla nuova costituzione, di fronte alla probabile sconfitta si è visto costretto a pensare a un piano b. Dal momento che la costituzione in vigore è già stata bocciata dalla maggioranza dei cileni nel referendum dell’agosto 2020 (quando il 78 per cento di chi ha votato si è espresso per cambiarla), esiste uno spazio per negoziare un nuovo testo. I principali partiti di destra si sono detti d’accordo.
Giorgio Jackson, segretario generale della presidenza, spiega come si potrebbe procedere: “Dovremo arrivare a un consenso in parlamento in modo da stabilire il meccanismo per rinegoziare gli articoli più critici e anche un nuovo sistema per approvarli”. ◆ ar
Sylvia Colombo è una giornalista brasiliana, corrispondente per l’America Latina del quotidiano Folha de S.Paulo. Il suo ultimo libro è O ano da cólera (Rocco 2021).
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Questo articolo è uscito sul numero 1476 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati