All’inizio del secolo, quando gran parte del mondo industrializzato ha aperto gli occhi sui rischi del fumo, le grandi aziende del tabacco si sono rivolte all’Africa alla ricerca di nuovi profitti. Ancora oggi in Uganda, e in molti altri paesi, le compagnie straniere del tabacco lavorano per scardinare le normative che proteggono le persone contro i danni del fumo, e in alcuni casi promuovono la vendita di sigarette anche ai bambini delle scuole.
Sta succedendo lo stesso nel contesto della lotta globale contro i cambiamenti climatici. Ora che il mondo comincia ad aprire gli occhi sull’emergenza climatica, le grandi compagnie del gas e del petrolio dell’Europa e del Nordamerica sono in difficoltà e guardano all’Africa per assicurarsi almeno qualche altro anno di estrazioni e ricavi. Anche se il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha avvertito che investire in nuove infrastrutture per i carburanti fossili sarebbe “una follia morale ed economica”, i leader africani si stanno lasciando convincere che estrarre più gas sia un requisito per lo sviluppo del continente. È vero, almeno nel breve periodo, che incoraggiare le persone a usare il gas invece del legname per cucinare è fondamentale per prevenire l’inquinamento degli ambienti chiusi. Per questo bisogna investire in impianti di stoccaggio e riempimento delle bombole di gas per le abitazioni. Ma misure simili non richiedono nuove esplorazioni e infrastrutture per l’energia prodotta da gas. Sono due questioni completamente distinte.
Non siamo noi ad aver causato questa crisi. Noi vogliamo giustizia climatica
Conseguenze terribili
Decenni di sviluppo legato ai combustibili fossili in Africa non sono riusciti a portare benessere e a ridurre la povertà energetica. I paesi africani con economie che dipendono dalla produzione e dall’esportazione di combustibili fossi hanno tassi più lenti di crescita rispetto a paesi con economie più diversificate. Lo sviluppo legato ai combustibili fossili spesso ha portato a conseguenze terribili per le comunità. Nella provincia del Cabo Delgado, in Mozambico, i progetti per sfruttare i giacimenti di gas hanno distrutto le vite e i mezzi di sostentamento della gente del posto. In Nigeria, Angola e Repubblica Democratica del Congo il petrolio ha portato povertà, abusi e perdita di territori e culture tradizionali.
Gli investimenti nei combustibili fossili non sono a vantaggio delle persone. I prezzi del gas sono intrinsecamente volatili. Quando le comunità più povere si affidano alle centrali a gas per l’elettricità, finiscono per risentire delle fluttuazioni nei mercati globali. In Costa d’Avorio, dove gran parte delle centrali brucia gas, nel 2016 gli aumenti dei prezzi dell’elettricità hanno causato proteste che sono finite con la morte o il ferimento di molti manifestanti da parte della polizia.
Gli investimenti nei combustibili fossili inoltre non guardano al lungo periodo. Con la crescita della domanda di energia pulita, l’Agenzia internazionale dell’energia prevede che entro il 2050 saranno abbandonate risorse di petrolio e gas per un valore di 1.300 miliardi di dollari. Investire in queste risorse produrrà profitti a breve termine per alcune élite, ma alla lunga probabilmente porterà a enormi perdite che saranno sostenute dai contribuenti. In molti paesi africani in cui costosi progetti legati ai combustibili fossili hanno fatto poco per alleviare il debito, i nuovi investimenti faranno accumulare altro debito.
L’energia rinnovabile presenta un’alternativa inequivocabilmente migliore. L’elettricità prodotta dal sole e dal vento è più economica di quella derivante dal gas, e i prezzi non subiscono fluttuazioni pericolose. Inoltre, le fonti di energia rinnovabile situate vicino al luogo d’uso nelle aree rurali dell’Africa si sono dimostrate economicamente più sostenibili rispetto alla costruzione di grandi linee per trasportare l’energia prodotta da gas.
Nonostante tutto questo, e pur possedendo il 39 per cento del potenziale mondiale per produrre energia rinnovabile, l’Africa riceve solo il 2 per cento degli investimenti nel settore. I paesi africani hanno bisogno di risorse pubbliche e private dal nord del mondo per intraprendere la transizione verso l’energia verde. Le economie ricche che per anni hanno sfruttato le riserve di combustibili fossili dell’Africa infliggendo grandi danni hanno la responsabilità di finanziare questo passaggio.
Il calo delle forniture di gas e petrolio dovuto alla crisi ucraina ha spinto molti paesi europei a guardare all’Africa per trovare nuove fonti energetiche. Al Quds al Arabi commenta la nuova amicizia che sembra legare Roma e Algeri. L’Italia, scrive il quotidiano panarabo, ha approfittato del raffreddamento dei rapporti dell’Algeria con la Francia (a causa del passato coloniale) e con la Spagna (per via della questione del Sahara Occidentale) per diventare il primo partner europeo del paese nordafricano. L’11 aprile il presidente del consiglio Mario Draghi è andato ad Algeri per stringere un accordo che prevede un aumento di nove miliardi di metri cubi delle forniture di gas algerine. Il 27 maggio il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune è arrivato in Italia per una visita di stato di tre giorni. Contemporaneamente l’azienda statale algerina di idrocarburi Sonatrach e l’italiana Eni hanno annunciato una collaborazione per “accelerare lo sviluppo dei giacimenti di gas in Algeria e investire sull’idrogeno verde”.
Il tema del gas è già al centro dei lavori preparatori per la conferenza sul clima Cop27, in programma a Sharm el Sheikh, in Egitto, a novembre. “Dobbiamo metterci d’accordo su cosa significa una transizione energetica giusta per l’Africa”, ha detto il leader senegalese Macky Sall, presidente di turno dell’Unione africana, il 25 maggio a una conferenza organizzata dall’autorevole fondazione Mo Ibrahim. “L’Africa deve poter sfruttare le sue importanti riserve di gas per svilupparsi e fornire l’elettricità ai suoi 600 milioni di abitanti che non ce l’hanno ancora. Vietarcelo sarebbe ingiusto”. Non sono d’accordo le organizzazioni della società civile, scrive Le Monde Afrique. Secondo Landry Ninteretse, il capo della sezione africana del movimento ambientalista 350.org, “il gas non è la soluzione, ma un inutile diversivo di cui approfittano solo le grandi aziende. La priorità è eliminare progressivamente tutti i combustibili fossili”. ◆
Secondo Damilola Ogunbiyi, amministratrice delegata dell’organizzazione internazionale Sustainable energy for all, un investimento di circa 30 miliardi di dollari all’anno potrebbe dare a tutti gli africani l’accesso a un’energia pulita, affidabile e a prezzi ragionevoli entro il 2030. Nuove ricerche mostrano che, investendo nelle rinnovabili, in dieci anni tutto il continente potrebbe avere accesso all’elettricità ed entro il 2050 potrebbe abbandonare completamente i combustibili fossili. Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia rinnovabile, con le infrastrutture adeguate l’Africa potrebbe diventare un esportatore netto di energia e idrogeno verdi prodotti usando rinnovabili. I paesi africani devono creare contesti politici in cui gli investitori privati siano incoraggiati a scommettere a lungo termine sulle rinnovabili.
Evitare gli errori del passato
Negli ultimi anni i cicloni legati ai cambiamenti climatici hanno devastato il Mozambico. La siccità ha ridotto alla fame milioni di persone nel Corno d’Africa. Le inondazioni sconvolgono l’Uganda sempre più di frequente. Questo è quello che viviamo già con temperature di 1,2 gradi centrigradi sopra il livello preindustriale. Andare oltre gli 1,5 gradi sarebbe una condanna a morte per molti in Africa. L’Agenzia internazionale per l’energia afferma che, per avere qualche speranza di contenere l’aumento a 1,5 gradi, dobbiamo smettere di costruire infrastrutture per i combustibili fossili, comprese quelle per il gas. Immediatamente.
Il continente è responsabile di meno del 4 per cento delle emissioni globali storiche. Non siamo noi africani ad aver causato questa crisi. Noi vogliamo giustizia climatica. E questo per l’Africa non significa ripetere gli errori commessi dai paesi sviluppati, che hanno devastato il pianeta. Significa proteggere le comunità dalle conseguenze del cambiamento climatico. Significa aiutare i giovani africani ad avere la possibilità di un futuro pulito, prospero e vivibile. ◆ fdl
Vanessa Nakate è una militante ambientalista ugandese. Ha pubblicato il libro Aprite gli occhi (Feltrinelli 2022).
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Questo articolo è uscito sul numero 1463 di Internazionale, a pagina 26. Compra questo numero | Abbonati