Il 6 luglio è stato reso pubblico il rapporto Chilcot sull’intervento del Regno Unito durante la guerra in Iraq. L’inchiesta ufficiale del governo britannico, guidata da sir John Chilcot, fu commissionata nel 2009 dall’allora premier Gordon Brown. I lavori sono durati sette anni, invece di uno, e i risultati sono raccolti in dodici volumi. L’inchiesta è costata dieci milioni di sterline.
Il rapporto fa luce sugli errori dell’intelligence e del governo britannico prima e durante l’occupazione dell’Iraq, che ha causato centinaia di migliaia di morti. Nella guerra sono morti anche 179 soldati britannici: nel rapporto le famiglie delle vittime potranno ottenere maggiori informazioni sulle circostanze della morte dei loro cari.
Che cos’è il rapporto Chilcot?
L’inchiesta sull’intervento britannico nella guerra in Iraq è stata chiesta dall’ex premier Gordon Brown il 15 giugno 2009. L’obiettivo dell’inchiesta era valutare l’operato dell’amministrazione britannica dal momento in cui è stato deciso di entrare in guerra fino al ritiro delle truppe britanniche dall’Iraq, in un periodo di tempo che va dal 2001 al 2009. Le domande a cui l’inchiesta ha cercato di rispondere sono: sulla base di quali informazioni è stata presa la decisione di entrare in guerra? Le truppe britanniche erano preparate? Come è stato condotto il conflitto? Quali erano i piani per affrontare il ritiro delle truppe e l’intensificarsi della violenza nel paese?
Quali sono i risultati dell’inchiesta?
- Il Regno Unito ha scelto di entrare in guerra in Iraq senza aver valutato ed esplorato tutte le opzioni diplomatiche. L’intervento militare del marzo del 2003 non era l’unica strada percorribile.
- L’allora premier Tony Blair “ha deliberatamente ingigantito” la pericolosità delle minacce che provenivano dall’Iraq. Blair aveva preso accordi con il presidente statunitense George W. Bush e gli aveva promesso sostegno “in qualsiasi modo”. Per questo avrebbe presentato un rapporto al parlamento in cui esagerava le minacce provenienti dall’Iraq, più sulla base della sua percezione che sulle informazioni ricevute dall’intelligence.
- I servizi segreti non avevano prove che Saddam Hussein fosse ancora in possesso di armi di distruzione di massa. La Libia, la Corea del Nord e l’Iran erano paesi molto più pericolosi in termine di proliferazione di armi chimiche, biologiche e nucleari. Ma fu scelto l’Iraq come obiettivo dell’offensiva.
- La decisione di entrare in guerra fu presa sulla base di “informazioni errate”, fornite dai servizi segreti, che partirono dalla presunzione di sapere che Saddam Hussein era in possesso di armi di distruzione di massa.
- Non c’erano basi legali “sufficientemente solide” per l’entrata in guerra del Regno Unito.
- Le truppe schierate in Iraq erano impreparate alle sfide che dovettero affrontare. Il ministro della difesa prese la decisione in fretta e non valutò i rischi e i problemi a cui l’esercito sarebbe andato incontro. Di conseguenza, i militari mancavano di equipaggiamenti e di preparazione. Inoltre non si seppe reagire al largo utilizzo di ordigni esplosivi.
- Le conseguenze della guerra sono state sottostimate. Il presidente degli Stati Uniti George W. Bush ignorò i consigli del Regno Unito su come gestire la ritirata e il periodo successivo alla guerra. Londra aveva consigliato di coinvolgere le Nazioni Unite, di controllare il mercato del petrolio e di garantire la sicurezza nel paese. Secondo il rapporto, la strategia di smantellare l’esercito iracheno fu fallimentare.
- Infine il governo ha fallito nel raggiungere gli obiettivi che si era prefissato quando è intervenuto in Iraq: instaurare la pace e ridurre la minaccia di attacchi terroristici. Nella guerra sono morti 179 soldati britannici e 150mila iracheni (dati aggiornati al luglio del 2009). Inoltre la guerra ha provocato un milione di profughi e l’intera regione è diventata più instabile, tanto da favorire la nascita del gruppo Stato islamico.
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