Eduardo (i nomi dei minori sono stati cambiati per motivi di sicurezza), 13 anni, è allegro e gli piace chiacchierare. Ha un atteggiamento spavaldo anche se dimostra meno dei suoi anni. A metà del 2019 ha percorso insieme al fratello Esteban, che all’epoca aveva 16 anni, i 687 chilometri che separano Valencia, la città dove viveva in Venezuela, da Cúcuta, in Colombia, al confine tra i due paesi. Hanno raggiunto i genitori e gli altri fratelli, un ragazzo di 19 anni e una bambina di nove. Il padre era partito nel 2018 e la madre lo aveva raggiunto qualche mese dopo. Se ne sono andati a causa della crisi economica, sociale e politica che ha colpito il Venezuela. Secondo le Nazioni Unite, quasi sei milioni di venezuelani hanno lasciato il paese dal 2015 a oggi.

A Eduardo piace uscire in pantaloncini e maglietta, sono comodi quando fa caldo e anche per giocare a calcio vicino casa. Se il lavoro lo permette. Data la sua età, dovrebbe preoccuparsi solo di studiare e giocare, invece vende mandarini per strada, a volte per più di quindici ore di fila. Il padre, l’unico della famiglia a lavorare oltre a lui, si dedica a qualsiasi attività, dall’edilizia allo scarico delle merci.

La vita di Eduardo somiglia a quella di molti minori venezuelani che si sono trasferiti in Colombia: sono esposti allo sfruttamento lavorativo e sessuale, e a maltrattamenti e agguati da parte delle organizzazioni criminali. Le attività a cui sono costretti vanno dalla vendita di merci per strada alle prestazioni sessuali online, dal contrabbando allo spaccio di sostanze stupefacenti.

Fino al 31 agosto 2021 Migración Colombia registrava 1.842.390 venezuelani residenti nel paese, mentre secondo un rapporto dell’istituto di statistica nel 2020 i venezuelani erano più di due milioni. L’osservatorio per il Venezuela dell’università del Rosario ha comparato questi dati con l’inchiesta del 2019 sulla qualità della vita, secondo cui il 38 per cento della popolazione immigrata ha meno di 18 anni. In base a questa stima, 857.660 immigrati venezuelani non raggiungerebbero la maggiore età.

Nessuna delle organizzazioni che si occupano di migranti indicano quanti bambini, bambine e adolescenti venezuelani lavorano in Colombia in condizioni di sfruttamento. Ma alcune ipotizzano quanti sono i minori fuori dal sistema formativo: il 44,9 per cento secondo l’Osservatorio per il Venezuela, cioè quasi quattrocentomila.

Lontano da scuola
Secondo Lala Lovera, direttrice della Fundación Comparte por una vida, il fatto che i bambini non frequentino la scuola li rende più vulnerabili. “In Venezuela sono arrivato fino alla seconda media. Qui non ho mai pensato di studiare. Non so neanche se i miei genitori abbiano i documenti per iscrivermi a scuola”, dice Eduardo. Con la famiglia in difficoltà e senza andare a scuola, il ragazzo si è lasciato tentare dall’offerta di un colombiano che gli ha promesso diecimila pesos (poco più di due euro) al giorno per vendere mandarini.

Le sue giornate di lavoro cominciavano alle sei del mattino e potevano durare fino alla sera, dal martedì alla domenica. La mattina presto andava al mercato per prendere la frutta e poi girava nei vari quartieri di Cúcuta. “All’inizio soffrivo, poi mi sono abituato al peso e sentivo meno la fatica”. Eduardo non ha mai avuto paura e non è mai stato rapinato, minacciato o maltrattato. Ma il suo è un caso eccezionale. Secondo le organizzazioni che lavorano con i bambini migranti, la maggioranza subisce maltrattamenti e minacce. Molti vengono cooptati dai gruppi di criminali locali.

Eduardo ha lavorato solo pochi mesi con il signore dei mandarini. Ha smesso dopo varie settimane in cui non veniva pagato. Ora vende la frutta ai semafori per conto suo: “Cammino meno e guadagno di più”, dice.

Andres ha 12 anni. Anche lui è nato a Valencia, nello stato venezuelano di Carabobo. È timido, parla poco, ha i capelli castani. Il suo viso trasmette tristezza. È arrivato a Cúcuta poco più di un anno fa, insieme ai genitori. In Venezuela studiava, in Colombia lavora perché le entrate della sua famiglia bastano a malapena per l’affitto. “Mi compro le cose per me. Non vado a scuola perché torneremo in Venezuela”, spiega. Per cinque mesi ha fatto parte della “rete” del signore dei mandarini. Non è mai stato pagato. Ora lavora insieme a Eduardo.

Carlos Cárdenas, collaboratore della Asociación unidos por un mismo fin, dice che la sua organizzazione ha identificato l’uomo che ingaggia i bambini migranti tra gli 8 e i 13 anni. Offre ai ragazzi telefoni cellulari, vestiti e scarpe e in cambio gli chiede di vendere la frutta. Eduardo e Andres se ne sono andati, ma molti altri bambini continuano a essere sfruttati. La Liga Contra el Silencio ha provato a contattare l’Instituto colombiano de bienestar familiar a proposito di questi e altri casi, ma non ha ricevuto risposta.

Complicità della polizia
Secondo Ronal Rodríguez, ricercatore e portavoce dell’osservatorio per il Venezuela, di solito i minori arrivano in Colombia con una scarsa formazione scolastica, senza un percorso vaccinale adeguato e con elevati livelli di malnutrizione, soprattutto nella prima infanzia. Il loro sviluppo motorio, psicologico e intellettuale è a rischio. Lungo i sentieri clandestini che i migranti percorrono per raggiungere la Colombia ci sono stati casi di maltrattamenti e stupri di bambini e bambine. “I bambini sono vittime delle organizzazioni criminali soprattutto nelle zone in cui lo stato è assente e quando i rapporti con i genitori sono difficili”, spiega Rodríguez. “Se i vincoli familiari sono deteriorati o inesistenti le organizzazioni criminali ne approfittano”.

Nella maggior parte dei casi gli adulti non hanno i documenti e quindi non trovano un impiego stabile. La povertà estrema spinge i minori a lavorare per aiutare i genitori. Nahirolí Urbina Moreno, 38 anni, viveva a Villa de Cura, nello stato venezuelano di Aragua. La figlia di 17 anni è affetta dalla mucopolisaccaridosi di tipo 2, una patologia rara per cui, tra le altre cose, cammina a fatica. Per guadagnare vende biglietti della lotteria da casa, a Cúcuta.

Nella maggior parte dei casi gli adulti non hanno i documenti e quindi non trovano un impiego stabile

Moreno ha lasciato il Venezuela nel 2019 ed è arrivata in Colombia in cerca di cure per la figlia e il compagno, ma per ora non ha avuto successo. L’uomo è affetto da un’emiparesi dovuta a un proiettile che l’ha colpito durante un tentativo di rapina in Venezuela. “A casa lavoravo, ora sono disoccupata. A volte, la domenica, mi chiamano per dare una mano in un ristorante. Mia figlia mi aiuta vendendo i biglietti della lotteria e con il ricavato riusciamo a sopravvivere”, dice. Negli ultimi sei mesi del 2021 la famiglia di Moreno ha ricevuto gli aiuti di un’organizzazione internazionale.

Ana Teresa Castillo, presidente della Fundación DereDez, conosce storie di bambini migranti che vivono con la famiglia o viaggiano da soli e sono caduti nelle reti dello sfruttamento lavorativo e sessuale nel dipartimento Norte de Santander. Molte bande operano con la complicità delle forze dell’ordine.

“I minori arrivano e dormono per strada. Alcuni gruppi ai margini della legge come il Tren de Aragua (banda criminale venezuelana) li prelevano, li fanno cadere nel vizio e li costringono a rubare cellulari e a chiedere un pedaggio ai migranti lungo i sentieri. Alle bambine dicono che lavoreranno nelle botteghe, ma le vendono e le portano in altri paesi”, dice Castillo.

Attraverso la Fundación DereDez, Castillo ha denunciato due bande che sfruttavano migranti minorenni. La prima volta lo ha fatto a Cúcuta, ma ha ricevuto minacce e ha chiesto la protezione delle autorità. Ora porta avanti la sua causa a Bogotá e Bucaramanga. “A Cúcuta le bande lavorano con la polizia locale e la procura”, spiega. Alcuni esponenti delle bande sono stati arrestati, ma Castillo teme che la procura di Cúcuta archivi dei processi per sfruttamento di minori.

Secondo Beatriz Mora, direttrice dell’Instituto Tachirense de la mujer, che si occupa dei diritti delle donne in Venezuela e offre sostegno psicologico e legale ai minori, le forze dell’ordine sono diventate complici di chi pratica lo sfruttamento a scopo lavorativo e sessuale. Di solito, dice Mora, i criminali sono cittadini venezuelani con connessioni in Colombia e altri paesi. Ai ragazzi che viaggiano da soli inseguendo promesse di lavoro vengono pagati i biglietti dalla città d’origine fino alla frontiera, a San Antonio, nello stato di Táchira.

I rischi a cui sono esposti i minori migranti sono simili su entrambi i lati della frontiera tra Colombia e Venezuela. In Colombia l’introduzione dello status di protezione temporaneo voluto dal governo di Iván Duque potrebbe aiutare a migliorare la vita di questi bambini.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è stato pubblicato sul sito di La Liga Contra el Silencio.

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