Le cose si stavano mettendo male per Bilce Tan, 41 anni e originario della Malaysia. Aveva perso il lavoro durante la fase acuta della pandemia di covid-19 e aveva passato mesi a cercare un impiego. Poi, a maggio, gli si è presentata un’opportunità fantastica. Dopo vari colloqui, un’azienda malese gli ha offerto un posto come responsabile dello sviluppo commerciale della loro sede di Sihanoukville, città turistica della Cambogia. L’azienda lo avrebbe pagato dodicimila ringgit (2.588 dollari) al mese, molto più di quanto avrebbe potuto guadagnare in Malaysia. Tra i benefici aggiuntivi c’erano il vitto e l’alloggio gratuiti in un condominio con piscina. Tan ha accettato.
Non molto tempo dopo il suo arrivo a Sihanoukville, ha cominciato a sentirsi a disagio. Il resort dove i datori di lavoro avevano l’ufficio era sorvegliato da guardie armate e i muri erano ricoperti di filo spinato. Durante il corso di formazione gli hanno insegnato come truffare le persone online e quando lui ha protestato, i capi hanno fatto finta di niente. Gli hanno detto che non c’era modo di uscire da quel complesso: era in trappola.
La storia di Tan è comune a molte persone. Negli ultimi anni decine di migliaia di asiatici sono stati attirati in casinò e resort in Cambogia, Laos e Birmania, per poi scoprire che i loro “datori di lavoro” erano in realtà criminali che costringono i “neoassunti” a lavorare in aziende illegali che si occupano di truffe o gioco d’azzardo online.
Personaggi inventati
Sono truffe ben organizzate. Tan aveva profili falsi sui social network, dieci telefoni cellulari, un elenco di obiettivi e d’informazioni sui patrimoni, le relazioni e l’istruzione delle vittime, oltre a copioni adattati ai diversi tipi di prede. I suoi responsabili gli hanno insegnato a vincere la diffidenza delle persone vulnerabili, come pensionati e genitori single, chattando con loro ogni giorno.
Gli hanno anche fornito foto e filmati che supportassero le storie inventate per i numerosi personaggi che impersonava.
Le perdite totali per il 2021 potrebbero essere decine di miliardi, perché la grande maggioranza delle vittime non denuncia il reato
Una volta ottenuta la fiducia degli obiettivi, cominciava la truffa vera e propria. Invece di chiedere direttamente dei soldi, come in un raggiro tradizionale, Tan esortava la vittima a depositare criptovalute in una piattaforma d’investimento manipolata dai criminali. Le somme in gioco aumentavano sempre di più. Spesso, all’inizio, il bersaglio poteva effettuare dei piccoli prelievi. A poco a poco, soddisfatto della legittimità della piattaforma, ci depositava somme sempre maggiori. Finché, un bel giorno, il personaggio inventato si dileguava lasciando dietro di sé una vittima incredula e al verde (Tan sostiene di non essere mai riuscito a truffare nessuno).
Le 1.200 vittime di truffe simili di cui è venuta a conoscenza la Global anti-scam organisation, un’associazione di sostegno alle vittime, hanno perso in totale 250 milioni di dollari. Una cifra doppia è stata persa nel 2021 da chi ha contattato la CipherBlade, un’azienda d’investigazioni. Le perdite totali per il 2021 potrebbero essere decine di miliardi, perché la grande maggioranza delle vittime non denuncia il reato, ammette la CipherBlade. Usando le stime ufficiali sulla portata del fenomeno e le cifre dei ricavi riportati dalle testimonianze, l’ong International justice mission (Ijm) calcola che le organizzazioni criminali in Cambogia ricavino almeno 12 miliardi di dollari all’anno dalle truffe online.
Queste truffe sono organizzate da bande criminali di etnia cinese, che a volte collaborano coi loro colleghi locali, spiega Jeremy Douglas dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine. All’inizio i criminali investivano nei casinò, luoghi ideali per il riciclaggio di denaro. Poi dieci anni fa, quando le autorità cinesi hanno dato un giro di vite al gioco d’azzardo illecito sul territorio nazionale, le organizzazioni criminali hanno spostato le loro operazioni verso sud, trovando terreno fertile nelle aree orientali senza legge della Birmania e nelle decine di zone economiche speciali del sudest asiatico, sulle quali le autorità locali sembrano convinte di non avere alcuna giurisdizione.
Salvataggi e rimpatri
Con la chiusura delle frontiere all’inizio della pandemia gli avventori dei casinò, in gran parte cinesi, sono scomparsi. Così i gruppi criminali sono migrati su internet, gettando una rete più grande e prendendo di mira la diaspora cinese e chiunque avesse soldi, indipendentemente dal luogo di residenza. Presto hanno messo gli occhi anche su statunitensi, australiani, europei e sulle classi medie del sudest asiatico. Ma per agganciarli avevano bisogno di lavoratori esperti di tecnologie digitali, in grado di parlare l’inglese o le lingue dei paesi asiatici.
I gruppi criminali si procuravano la forza lavoro incastrando persone come Tan. Alcuni lavorano volontariamente per queste truffe, ma molti altri sono trattenuti contro la loro volontà. Secondo il governo cambogiano i gruppi criminali impiegano tra le ottantamila e le centomila persone, una stima plausibile ma forse inferiore alla realtà secondo Jacob Sims, della Ijm. La maggior parte è attirata in Cambogia con l’inganno.
Le prime voci su questa tratta di esseri umani sono emerse nei mezzi d’informazione locali all’inizio del 2021. L’ong Ijm ha cominciato a effettuare i primi salvataggi di persone nell’aprile dello stesso anno, in collaborazione con la polizia cambogiana e le ambasciate competenti. Da allora le diplomazie straniere in Cambogia hanno lavorato senza sosta per rimpatriare i loro cittadini. Alcuni sono rilasciati quando le loro famiglie pagano migliaia di dollari di riscatto, altri riescono a scappare e altri ancora tentano il suicidio. I governi di almeno otto paesi asiatici hanno invitato i loro cittadini a diffidare di impieghi troppo belli per essere veri in Cambogia.
All’inizio il governo cambogiano ha fatto finta di niente. Ma con la crescente pressione della Cina e di altri paesi, a settembre il primo ministro Hun Sen ha annunciato un giro di vite sul “gioco d’azzardo illegale”, un termine che comprende la criminalità legata ai casinò. Da allora le autorità di Sihanoukville e di Phnom Penh, la capitale, hanno condotto retate nei complessi più grandi, arrestando centinaia di persone. Ma anche se la Cambogia riuscisse a cacciare i truffatori informatici, questi si trasferirebbero in luoghi più accoglienti in Laos o in Birmania.
Tornato libero e al sicuro in Malaysia, Tan è tra i più fortunati. Però fatica a vedere le cose così: i suoi rapitori gli hanno sequestrato le carte di credito e il telefono. Poi gli hanno negato l’accesso ai conti bancari, impedendogli di accedere ai risparmi di una vita. Prima di poter spiegare alla moglie che era stato rapito, lei ha bloccato il numero e i suoi ex rapitori hanno pubblicato online le sue informazioni personali. La moglie pensa che lui sia responsabile di quello che gli è successo e vuole il divorzio. Tan è riuscito a scappare, ma come le vittime di tutto il mondo anche lui ha pagato un prezzo molto alto.
(Traduzione di Federico Ferrone)
Questo articolo è uscito sul settimanale britannico The Economist.
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