A febbraio i senatori dello stato dell’Arizona hanno cercato di far arrestare i funzionari del consiglio dei supervisori della contea di Maricopa, dove si trova la capitale Phoenix. Avevano chiesto al consiglio di consegnare i documenti relativi alle elezioni presidenziali, vinte dal democratico Joe Biden per meno di undicimila voti. Ma i funzionari avevano già controllato le schede, senza trovare irregolarità, e hanno risposto di non essere autorizzati a consegnarle.

“Quei controlli sono una barzelletta”, aveva dichiarato il senatore Warren Petersen. “Non troveranno niente. Questi controlli non servono a scoprire la verità, anche se ci sono stati brogli”.

I senatori hanno cercato di approvare una mozione che avrebbe permesso l’arresto dei cinque componenti del consiglio, che non è passata per un solo voto. La punizione per il parlamentare che ha bloccato la mozione è arrivata subito, quando un suo disegno di legge è stato affossato.

Qualcuno potrebbe pensare che sia solo l’ennesima schermaglia nella feroce guerra sulle elezioni tra democratici e repubblicani, ma c’è un dettaglio particolare. I senatori che volevano far arrestare i consiglieri di Maricopa sono repubblicani, ma lo sono anche quattro dei cinque funzionari. E il senatore che ha bloccato la mozione? Repubblicano anche lui.

I senatori repubblicani, impegnati a introdurre una serie di nuove leggi per rendere difficile votare, ribadiscono di voler semplicemente rispondere all’indignazione dei propri elettori. “Quando un numero così elevato di persone ci chiama e ci scrive per chiedere risposte, fornirle dev’essere una priorità”, ha dichiarato Karen Fann, presidente del senato dello stato.

Lealtà distruttiva
In Arizona questa indignazione per l’esito delle elezioni presidenziali del 2020 ha messo i funzionari che si occupano di gestire le elezioni (e considerano gli interventi dei senatori controproducenti se non addirittura illegali) in rotta di collisione con i fedelissimi dell’ex presidente Donald Trump, che pretendono un’azione per punire brogli che in realtà non ci sono mai stati. In tutto il paese l’indignazione ha spinto i repubblicani a proporre provvedimenti che limitano il diritto di voto. Alcuni sono chiaramente incostituzionali, mentre altri sembrano prendere di mira categorie specifiche di elettori. Tutti, immancabilmente, sono accomunati da una stupefacente incoerenza.

Come negli Stati Uniti impediscono ai neri di votare. Il video del New York Times


Nell’ansia di mostrare la propria lealtà nei confronti di Trump, infatti, i parlamentari repubblicani si stanno affrettando a cercare soluzioni generalizzate a problemi immaginari. Sembrano indifferenti all’impatto negativo che queste leggi avranno sulle minoranze, ma presto potrebbero scoprire che in questo modo colpiscono anche i loro sostenitori, e che i loro sforzi potrebbero finire per rafforzare i rivali democratici.

Dopo la vittoria di Biden i parlamentari statali repubblicani hanno cercato di introdurre norme elettorali restrittive in molte capitali degli Stati Uniti, ma l’Arizona è un caso estremo. Qui i parlamentari hanno presentato ventidue leggi per ostacolare l’affluenza alle urne. I progressisti e gli attivisti per il diritto di voto hanno reagito con rabbia e disgusto, sostenendo che le leggi penalizzerebbero le minoranze che a novembre hanno contribuito a far pendere l’Arizona dalla parte di Biden e a eleggere il senatore democratico Mark Kelly. Alcuni repubblicani hanno ammesso candidamente che il loro obiettivo è proprio questo.

“Non tutti vogliono votare, e se qualcuno non è interessato a farlo forse vuol dire che non è informato sulla politica”, ha dichiarato John Kavanagh, parlamentare repubblicano dell’Arizona. “La quantità è importante, ma dobbiamo anche considerare la qualità dei voti”.

La franchezza delle parole di Kavanagh è insolita, ma la sua tesi rispecchia una tendenza di lunga data. Per decenni i democratici hanno cercato di facilitare il voto, mentre i repubblicani hanno fatto di tutto per renderlo più complicato. I democratici sostengono che il diritto di voto sia un diritto fondamentale della democrazia e che di conseguenza non dovrebbero esistere barriere. I repubblicani sostengono che le barriere siano necessarie per evitare le irregolarità, perché qualsiasi irregolarità rappresenta una macchia per la democrazia. Il problema è che nessuno ha mai trovato la minima prova di irregolarità così gravi da alterare il risultato di un’elezione.

Il tentativo del Partito repubblicano di limitare l’affluenza si basa su tre supposizioni sbagliate

Il dibattito è stato esasperato dalle infondate accuse di brogli lanciate da Trump, prima e dopo le elezioni. Fino al mese di febbraio del 2021 il Brennan center for Justice, un’organizzazione progressista, aveva contato 253 proposte di legge per limitare il voto, sparse in 43 stati.

In Arizona alcuni disegni di legge sono estremamente tecnici, mentre molti altri sono semplici dichiarazioni d’intenti o di posizioni ideologiche che quasi certamente non avranno sbocco (una proposta vorrebbe addirittura permettere al parlamento di ignorare la volontà degli elettori e dichiarare il vincitore delle presidenziali in qualsiasi momento prima dell’insediamento del nuovo presidente). Ma tra i testi che sono già stati approvati da una o due camere ci sono anche leggi che vieterebbero la registrazione nel giorno del voto, la registrazione automatica nelle liste elettorali e l’invio di schede per posta anche a chi non ne ha fatto richiesta. C’è una legge che anticiperebbe la scadenza entro cui un elettore può “risolvere” un problema con la firma in una scheda inviata per posta; un’altra che imporrebbe agli elettori di presentare una patente o un documento d’identità statale, e in mancanza di uno dei due renderebbe obbligatorio allegare diverse fotocopie di altri documenti. Un’altra legge proposta cancellerebbe gli elettori dalla lista permanente del voto anticipato in caso di mancata votazione per due elezioni consecutive, mentre un altro testo, al momento bloccato, eliminerebbe del tutto la lista.

Il tentativo del Partito repubblicano di limitare l’affluenza, ostacolando in particolare il voto per posta, si basa su tre supposizioni sbagliate. La prima, smentita un’infinità di volte, è quella secondo cui le elezioni del 2020 sarebbero state alterate da irregolarità diffuse. La seconda è che l’affluenza da record abbia causato la sconfitta di Trump. Come ha scritto di recente Harry Enten, analista dei dati della Cnn, “Trump ha perso perché era un presidente poco amato, e avrebbe probabilmente perso anche se l’affluenza fosse stata quella del 2016”. La terza supposizione errata è che il voto per posta sia stato decisivo per i democratici. Un rapporto dell’università di Stanford pubblicato il mese scorso ha concluso che “il voto per corrispondenza non motivato (in alcuni stati bisogna offrire una motivazione per votare in questo modo, in altri no) ha mobilitato un numero relativamente ridotto di elettori, e nel migliore dei casi ha avuto un effetto lieve sull’esito finale, nonostante la pandemia. A quanto pare le idee degli elettori sono molto più importanti nel determinare l’affluenza”.

Repubblicani colpiti
Se queste leggi verrano approvate, è probabile che renderanno più difficile l’esercizio del voto per gli elettori delle minoranze, che tendono a privilegiare i democratici. Randy Perez, fino al mese scorso direttore dell’organizzazione progressista Living united for change in Arizona, ha calcolato che la proposta di legge sulla cancellazione delle liste per il voto anticipato lascerebbe fuori 50mila elettori ispanici, il 7 per cento del totale dello stato, un numero di voti molto più alto del margine di vittoria di Biden alle ultime elezioni. Torey Dolan, esperto in diritto elettorale dell’università statale dell’Arizona, ha elencato una serie di effetti negativi che le proposte di legge avrebbero sugli elettori nativi americani. Molte di queste persone non hanno contratti per le utenze e non pagano tasse sulla proprietà, né hanno accesso a fotocopiatrici. Quindi farebbero molta fatica a preparare la documentazione necessaria. Spesso nelle riserve le case non hanno un indirizzo chiaro, e la consegna della corrispondenza è spesso lenta. Quindi una scadenza anticipata per l’invio del voto per posta avrebbe conseguenze enormi.

Così come Trump, le cui accuse di brogli sono andate a sbattere contro la mancanza di prove, anche i parlamentari repubblicani dell’Arizona sembrano aver commesso un errore di valutazione, trascurando gli effetti che le loro proposte potrebbero avere sull’intero elettorato statale. Mentre in passato i tentativi di limitare l’affluenza avevano preso di mira gli elettori democratici “con precisione chirurgica” (come scritto da un giudice federale a proposito di una legge introdotta in North Carolina nel 2013), alcune leggi attualmente in discussione in molti stati sembrano strumenti piuttosto grezzi che potrebbero ostacolare anche il voto dei repubblicani.

Prendiamo la proposta di cambiare le regole sul voto per corrispondenza. In molti il fatto di votare per posta è una novità, ma non in Arizona. Dal 2007 la lista permanente per il voto anticipato ha permesso agli elettori di iscriversi e chiedere di ricevere automaticamente la scheda per posta in vista di ogni appuntamento elettorale. E oggi la maggior parte delle persone vota in questo modo. Nel 2016 tre quarti degli elettori hanno votato per posta. Nel 2018 la percentuale è salita all’80 per cento.

“Osservando la situazione in tutto il paese, si nota che gli stati occidentali sono stati più progressisti nell’allargamento dei metodi di voto e di registrazione, e su dove e quando votare”, spiega Tammy Patrick, consulente del Democracy fund che ha lavorato per il dipartimento elettorale della contea di Maricopa per oltre un decennio. “Quando ho lasciato il dipartimento, nel 2014, quasi il 70 per cento degli elettori di Maricopa riceveva la scheda per posta, e quelle persone votavano soprattutto per i repubblicani. Non esistevano dubbi sull’affidabilità del voto per posta, nessuno insinuava che ci fosse un rischio di brogli. Il processo era collaudato e sicuro”.

Opposizione rafforzata
Ora che gli sforzi dell’Arizona si sono allontanati dall’ampliamento dell’accesso al voto, i parlamentari stanno sostanzialmente prendendo di mira i metodi che ne hanno permesso l’elezione, e potrebbero ostacolare i loro stessi sostenitori. “Se analizziamo la storia del voto per posta ci accorgiamo che tradizionalmente è stato usato soprattutto dalle persone più anziane e facoltose, e dai bianchi. Parliamo di categorie che tendono a votare per i repubblicani”, spiega Wendy Weiser, esperta di elezioni del Brennan Center.

Le persone che possono permettersi di trascorrere parte dell’anno lontano dall’Arizona potrebbero incontrare particolari problemi se la lista per il voto anticipato dovesse essere cancellata, perché non sono abituate a dover richiedere una scheda. Le nuove norme sulla sicurezza creeranno senz’altro ulteriori barriere per i poveri, ma potrebbero penalizzare anche gli elettori più anziani. Garrett Archer, analista di dati elettorali per una consociata della Abc a Phoenix, ha calcolato che nelle elezioni del 2020 una scadenza anticipata per la ricezione della scheda avrebbe prodotto più voti nulli repubblicani che democratici. Il Washington Post ha scoperto che alcune delle misure contenute nella legge appena approvata in Georgia potrebbero avere un effetto altrettanto negativo sulle categorie demografiche favorevoli ai repubblicani.

L’effetto di tutte queste leggi sull’affluenza è difficile da prevedere. Di solito quando i parlamentari cambiano le leggi gli elettori cambiano il modo in cui votano. Eliminare alcuni metodi potrebbe creare problemi, ma non è detto che impedisca ai cittadini di votare. Questa è una lezione fondamentale. Le nuove leggi possono avere conseguenze imprevedibili.

Le leggi sui documenti d’identità da presentare al seggio sono una pessima idea perché sono antidemocratiche e vorrebbero risolvere un problema che non esiste. La buona notizia è che nonostante il pericolo che rappresentano, non hanno quasi mai avuto un effetto sostanziale sull’affluenza. Il motivo, in parte, potrebbe essere la reazione dei gruppi progressisti e per la difesa del diritto di voto, che non solo hanno informato gli elettori sui documenti richiesti ma hanno anche alimentato la rabbia contro i repubblicani, favorendo in questo modo l’affluenza. Secondo Perez, i repubblicani continuano comunque nella loro crociata perché la lealtà nei confronti di Trump è più importante di qualsiasi altra cosa.

In autunno il governatore repubblicano dell’Arizona, Doug Ducey, repubblicano, ha difeso il sistema elettorale dagli attacchi di Trump. “Sono stato piuttosto chiaro in merito al sistema elettorale dell’Arizona, e mi sono lamentato anche alla Casa Bianca”, ha scritto Ducey su Twitter. “Ho avuto ottime ragioni. In Arizona abbiamo leggi elettorali che garantiscono la legalità e stabiliscono con precisione le procedure per gestire, analizzare e persino contestare il risultato del voto”.

Ducey non ha chiarito cosa farà se il parlamento statale approverà le leggi per ostacolare il voto. Chuck Coughlin, repubblicano di di lunga data, spiega che molte leggi sono state bloccate e pensa che Ducey porrà il veto su qualsiasi provvedimento che possa essere percepito dalla popolazione come un tentativo di limitare il voto.

“Il mio istinto mi dice che i democratici ne approfitterebbero per favorire l’affluenza, e che chiunque sia candidato alla poltrona di governatore utilizzerà queste leggi per colpire l’avversario”, spiega Coughlin, poi conclude parlando dei parlamentari repubblicani dello stato. “Non credo che stiano riflettendo molto. Sono troppo presi dalla loro indignazione”.

Questo è quello che succede quando si permette alla frustrazione di guidare le scelte politiche. L’indignazione è un strumento potente, ma non sempre produttivo dal punto di vista politico.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è uscito sull’Atlantic.

Da sapere
Il caso della Georgia

Il 26 marzo il parlamento dello stato della Georgia, a maggioranza repubblicana, ha approvato una nuova legge elettorale. I sostenitori del provvedimento affermano che servirà a snellire le procedure di voto e conteggio per garantire l’integrità del sistema elettorale. Ma l’opposizione e molti esperti sostengono che la nuova legge limita l’accesso al voto, colpendo in particolare gli afroamericani.

La normativa:

  • introduce nuovi requisiti di identificazione per la richiesta di schede elettorali per posta, in sostituzione della semplice firma prevista dal sistema attuale. La nuova procedura sarà d’ostacolo per gli elettori con un reddito più basso, che spesso negli Stati Uniti sono sprovvisti di un documento d’identità.
  • vieta la pratica di rifornire di cibo o acqua gli elettori in coda ai seggi elettorali (che a volte aspettano per ore);
  • amplia i poteri del legislatore rispetto al controllo delle operazioni di voto per intervenire in caso di problemi;
  • limita il numero di drop boxes (cassette postali o urne in cui le persone fisicamente lontane dalla propria città di residenza possono inserire le schede);
  • accorcia il periodo del voto anticipato per i ballottaggi.

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