Dopo gli attacchi attribuiti a Israele contro i dispositivi per le comunicazioni di Hezbollah, il 17 e il 18 settembre, che hanno causato 39 morti e quasi tremila feriti in Libano, le tensioni tra Tel Aviv e la milizia sciita non hanno fatto che aumentare, rendendo imminente il rischio di una guerra totale. Israele ha annunciato “un’intensificazione dei raid” e ha avvertito i civili libanesi di “tenersi alla larga dalle aree controllate da Hezbollah nel sud del Libano”, aggiungendo che gli attacchi contro il gruppo filoiraniano “continueranno nel prossimo futuro, diventando più intensi e precisi”.

La giornata più sanguinosa è stata il 23 settembre, quando i bombardamenti israeliani hanno causato 558 morti e più di 1.800 feriti, secondo le autorità libanesi. Le scuole e le università del paese resteranno chiuse per tutta la settimana, mentre molte compagnie aeree hanno sospeso i voli per Beirut. Gli Stati Uniti, principale alleato d’Israele, hanno invitato i loro cittadini a lasciare il Libano. Dall’ottobre 2023 gli scambi a fuoco tra Israele ed Hezbollah hanno causato centinaia di morti in Libano, in maggioranza combattenti, e decine di morti in Israele e nelle alture del Golan occupate. Mentre aspettiamo di capire se una guerra totale in Libano si può ancora scongiurare facciamo un passo indietro per ricordare le radici e l’identità di Hezbollah.

Hezbollah, il cui nome significa “partito di Dio”, è un’influente organizzazione sciita che ha un importante ruolo nella politica libanese e controlla la più potente forza armata del Libano. È stata fondata da un gruppo di combattenti sciiti nel 1982, durante la guerra civile libanese – che durò quindici anni, dal 1975 al 1990 – con l’obiettivo di cacciare l’esercito israeliano che quell’anno aveva invaso il sud del Libano. Scorgendo l’opportunità di aumentare la sua influenza nel mondo arabo, l’Iran cominciò a finanziare e addestrare la milizia. Alla fine del 2023 il governo statunitense ha stimato che i finanziamenti di Teheran a Hezbollah si aggirano intorno ai 660 milioni di euro all’anno.

Alla fine della guerra civile libanese, che era scoppiata a causa delle tensioni politiche e sociali dovute alla presenza nel paese dei guerriglieri palestinesi e all’affermazione di movimenti e milizie legate alle diverse etnie e religioni (in particolare cristiani, sunniti e sciiti), i vari gruppi armati che si erano combattuti tra loro deposero le armi. Tranne Hezbollah, che continuò la sua lotta per mettere fine all’occupazione israeliana. Quando Israele si ritirò dal Libano nel 2000, Hezbollah se ne assunse tutto il merito e la sua popolarità aumentò non solo nella sua base sciita, ma anche tra le altre comunità.

Israele attacca ma non ha una strategia
Con l’operazione in Libano il governo di Benjamin Netanyahu ha di nuovo ignorato le richieste degli Stati Uniti. Non è chiaro però cosa spera di ottenere, scrive Adam Shatz

Nel 1985 Hezbollah pubblicò un manifesto in cui elencava una serie di obiettivi: l’espulsione dal Libano delle potenze occidentali, la distruzione dello stato israeliano e la fedeltà all’Iran. La visione originaria del gruppo prevedeva anche l’imposizione di un regime islamista in Libano ispirato al modello teocratico iraniano. Il coinvolgimento nella politica libanese l’ha portato ad ammorbidire alcune posizioni e un nuovo manifesto pubblicato nel 2009 riconosceva che un regime islamista non era adatto al Libano e chiedeva una “vera democrazia”.

Protagonista della politica

Dal 1992, quando partecipò per la prima volta alle elezioni nazionali, Hezbollah è diventato un protagonista della politica libanese. La sua influenza aumentò in seguito al ritiro delle forze siriane dal Libano nel 2005, deciso dopo l’omicidio dell’ex primo ministro Rafiq Hariri, un politico sunnita simbolo dell’influenza saudita in Libano (un tribunale sostenuto dalle Nazioni Unite ha condannato in contumacia per l’omicidio tre esponenti di Hezbollah, che nega ogni coinvolgimento).

I suoi esponenti siedono in parlamento, hanno fatto parte di vari governi e negli anni si sono alleati con diversi partiti e politici di altri schieramenti. Oggi i ministri delle opere pubbliche e del lavoro sono rappresentanti di Hezbollah. Mentre per quanto riguarda le decisioni di politica estera e regionale, in particolare le relazioni con Israele, gli Stati Uniti e i paesi occidentali, Hezbollah segue le indicazioni di Teheran, sulle questioni interne il gruppo agisce generalmente in autonomia.

La classe politica libanese è indebolita dalle divisioni interne e delegittimata dalle accuse di corruzione e inadeguatezza, e gli esperti ritengono che nessuna forza politica sia in grado di contenere il gruppo sciita. Il Libano è senza un presidente da quasi due anni perché il parlamento non si è accordato su un candidato a causa delle divergenze tra i vari gruppi, ed è guidato da un governo ad interim dal maggio del 2022.

Ora Hezbollah è più debole?
Le vulnerabilità del movimento sciita non sono mai state così evidenti. Ma le sue capacità operative sono intatte e ha ancora molte risorse su cui contare

Israele e Hezbollah si sono scontrati nel luglio del 2006, quando la milizia catturò due soldati israeliani, sperando in uno scambio di prigionieri. Israele rispose militarmente e invase il sud del Libano. Nella guerra, che durò 34 giorni, morirono più di 1.100 libanesi e 165 israeliani. Hezbollah uscì rafforzato dal conflitto e diventò una potenza militare e politica alla frontiera settentrionale d’Israele. Negli anni seguenti le capacità militari del gruppo sono cresciute e la milizia ha svolto un ruolo fondamentale nella guerra civile siriana, contribuendo a mantenere il presidente Bashar al Assad al potere. Inoltre ha aiutato ad addestrare le milizie sostenute dall’Iran in Siria e in Iraq e i combattenti huthi nello Yemen.

In Libano Hezbollah offre una serie di servizi sociali alla popolazione, spesso riempiendo il vuoto lasciato dallo stato, per esempio gestisce scuole, ospedali e attività agricole. Questo lo rende particolarmente popolare tra gli sciiti: un sondaggio del 2020 ha rilevato che l’89 per cento di loro ne ha un’opinione positiva. Altri libanesi invece criticano il gruppo, accusato di aver creato “uno stato nello stato”. Gli Stati Uniti e altri paesi occidentali considerano Hezbollah un’organizzazione terroristica, come pure l’Arabia Saudita. L’Unione europea definisce così l’ala militare del gruppo, ma non quella politica.

Il leader del movimento è Hassan Nasrallah, che è segretario generale dal 1992, quando il suo predecessore fu ucciso da un bombardamento israeliano. Nato nel 1960 in una famiglia povera di Bourj Hammoud, un sobborgo di Beirut, Nasrallah ha studiato teologia prima di unirsi al movimento Amal, un’organizzazione politica e paramilitare sciita, e poi diventare uno dei fondatori di Hezbollah. È considerato un leader pragmatico, abile a fare compromessi politici. Non ha mai assunto un incarico ufficiale in Libano e compare in pubblico raramente per timore di essere ucciso. Tiene regolarmente discorsi che sono trasmessi in video.

Hezbollah è la più importante forza paramilitare del mondo arabo, con una rigida struttura interna. Il gruppo sostiene di avere centomila affiliati, ma fonti indipendenti abbassano la cifra tra le ventimila e le 50mila unità. Secondo il Center for strategic and international studies di Washington, l’arsenale di Hezbollah – molto più sofisticato e numeroso di quello di Hamas – comprende dai 120mila ai 200mila tra razzi e missili. Si tratta soprattutto di piccoli razzi, ma ha a disposizione anche missili capaci di colpire in profondità nel territorio israeliano oltre che missili antiaerei e antinave. La maggior parte delle munizioni è fabbricata in Iran, Russia o Cina e arriva al gruppo attraverso l’Iran o la Siria.

Mentre è legato a Teheran dalla dottrina sciita, le relazioni di Hezbollah con Hamas si basano sul pragmatismo. I due gruppi condividono lo stesso nemico, Israele, ma non sono stretti alleati. Anche se è vicino all’Iran, Hamas opera in modo indipendente. Negli ultimi anni diversi funzionari di Hamas si sono trasferiti in Libano, dove potevano contare sulla protezione di Hezbollah e su un certo sostegno tra i palestinesi che vivono nei campi profughi del paese.

L’8 ottobre, il giorno dopo gli attacchi compiuti da Hamas in territorio israeliano e l’inizio dell’operazione militare israeliana nella Striscia di Gaza, Hezbollah ha dichiarato solidarietà con i palestinesi e ha cominciato a colpire le postazioni israeliane nella zona di frontiera con il Libano. Da allora gli scambi a fuoco tra Hezbollah e l’esercito israeliano sono stati quasi quotidiani, anche se con una diversa intensità come dimostra il grafico qui sotto, che illustra gli attacchi compiuti dalle due parti in poco meno di un anno.

Questo testo è tratto dalla newsletter Mediorientale.

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