È proprio vero che “più passano i mesi più diventa difficile scrivere di Gaza”, come dice Anthony Samrani nell’editoriale su L’Orient-Le Jour che pubblichiamo nel numero di Internazionale in edicola questa settimana. “Siamo condannati all’indignazione permanente”. Mentre i morti a Gaza superano il numero spaventoso di cinquantamila, i giornali locali e internazionali commentano le mosse del governo di Benjamin Netanyahu per imporre una nuova realtà sul terreno e preparare l’annessione della Striscia e della Cisgiordania, smantellare la democrazia in Israele ed espandersi nella regione continuando a bombardare la Siria e il Libano.

“Non c’è nessuno a Gaza che non abbia perso qualcuno di caro: un figlio, una sorella, un partner, un genitore, un amico. La morte tocca tutti. Chi è tornato a casa propria a volte ci trova delle ossa; non sempre si sa di chi siano”. Così Asma, un’abitante di Khan Yunis di 42 anni, descrive la vita nella Striscia di Gaza in un articolo pubblicato da Haaretz quando il ministero della salute di Hamas ha fatto sapere che i morti nel territorio palestinese sono più di cinquantamila. L’articolo è accompagnato da un’infografica che tiene conto delle vittime di giorno in giorno e ricostruisce, con l’aiuto di foto e video, alcuni degli episodi più sanguinosi dell’ultimo anno e mezzo.

I grafici sono impressionanti. L’altezza delle barre dimostra che nei primi mesi i morti erano centinaia ogni giorno, poi il ritmo generale cala e ci sono singole giornate in cui il numero s’impenna, in occasione di qualche bombardamento particolarmente violento.

Ma dal 7 ottobre 2023 ogni giorno è segnato da una barra, quindi ogni giorno nella Striscia di Gaza qualcuno è stato ucciso, anche durante le due tregue a novembre del 2023 e tra gennaio e marzo di quest’anno. L’unico giorno in cui non compare la barra è il 12 febbraio 2025. È il solo in cui nessuno è stato ucciso dai bombardamenti israeliani nella Striscia di Gaza in un anno e mezzo.

Negli ultimi giorni gli attacchi israeliani si sono intensificati nel nord, nel centro e nel sud della Striscia di Gaza. In un attacco contro il reparto di chirurgia dell’ospedale Nasser di Khan Yunis il 23 marzo sono state uccise cinque persone, tra cui Ismail Barhoum, dell’ufficio politico di Hamas. Il ministro della difesa israeliano, Israel Katz, ha confermato che Barhoum, ricoverato nella struttura per curare le ferite di un attacco precedente, era l’obiettivo del raid.

Il giorno prima, sempre a Khan Yunis, era stato ucciso Salah al Bardaweel, un altro leader di Hamas. Bardaweel e Barhoum facevano parte dell’ufficio politico di Hamas, formato da diciannove persone, undici delle quali sono state uccise dall’inizio dell’operazione militare israeliana nella Striscia. Da quando Israele ha rotto la tregua il 18 marzo, almeno 830 palestinesi sono stati uccisi nel territorio.

Il 24 marzo due attacchi separati hanno ucciso i giornalisti Hossam Shabat di Al Jazeera e Mohammad Mansour di Palestine Today. Sale così a 173 il numero di giornalisti e operatori dell’informazione uccisi dai bombardamenti israeliani a Gaza, secondo il Committee to protect journalists. Il Palestinian journalists syndicate calcola una cifra più alta, che arriva a 208.

Qualche ora dopo la sua morte, i colleghi di Shabat hanno pubblicato sull’account di X del giornalista un messaggio che lui aveva scritto nell’eventualità di essere ucciso. Comincia così: “Se state leggendo queste righe, significa che sono stato ucciso – molto probabilmente preso di mira – dalle forze di occupazione israeliane. Quando tutto questo è cominciato avevo solo 21 anni, ero uno studente universitario con sogni come tutti gli altri. Negli ultimi 18 mesi ho dedicato ogni momento della mia vita al mio popolo”. L’esercito israeliano ha confermato di aver ucciso Shabat e Mansour, definendoli “terroristi”.

Da giorni continuano anche gli ordini di evacuazione consegnati dall’esercito israeliano agli abitanti di varie zone di Rafah e Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza, e di Beit Hanun, nel nord del territorio. Thaer Abu Aoun, il corrispondente da Gaza del sito indipendente egiziano Mada Masr, riferisce che in alcuni casi le persone sono state avvertite pochissimo tempo prima che cominciassero i bombardamenti e altre sono state colpite mentre cercavano di fuggire. Secondo le Nazioni Unite 142mila persone sono state costrette a spostarsi di nuovo in una settimana, da quando Israele ha infranto la tregua rimasta in vigore per cinquanta giorni.

Negli ultimi giorni però è successo qualcosa di inedito. Il 25 marzo centinaia di persone, soprattutto uomini, hanno scandito slogan contro Hamas durante una protesta per chiedere la fine della guerra a Beit Lahia, nel nord della Striscia. Alcuni video mostrano i manifestanti cantare: “Fuori Hamas” e “Hamas terrorista”. Sulla piattaforma di messaggistica Telegram circolano inviti a manifestare di nuovo in altre località e una nuova protesta si è tenuta il 26 marzo nel nord di Gaza. Il governo israeliano ha chiesto più volte agli abitanti della Striscia di ribellarsi al gruppo palestinese al potere nel territorio dal 2007.

Questo testo è tratto dalla newsletter Mediorientale.

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