Pelumi Nubi, 29 anni, è una creatrice di contenuti e influencer di viaggi nata a Lagos, in Nigeria, e cresciuta nel Regno Unito. Quest’anno è salita agli onori delle cronache per aver intrapreso un viaggio che nessun altro aveva mai tentato prima: andare in macchina da Londra a Lagos, per un totale di diecimila chilometri. È partita il 24 gennaio su una piccola Peugeot 107 viola – appositamente modificata per ospitare una cucina e un letto, e soprannominata Lumi – ed è arrivata al campus dell’università di Lagos il 7 aprile, dopo aver attraversato diciassette paesi, tra cui Francia, Marocco, Senegal e Sierra Leone. Il suo obiettivo ha spiegato Nubi era mostrare che “viaggiare è facile, sicuro e fattibile”, anche per donne nere da sole, come lei.

In realtà non è stata una passeggiata: a parte la fatica e le lunghe attese alle frontiere, Nubi ha quasi distrutto la macchina in un incidente. In ogni caso è arrivata sana e salva a destinazione, con grande gioia di tutti i suoi follower sui social. Accendendo i riflettori sull’Africa occidentale, Nubi voleva anche cambiare il modo in cui la regione viene vista nel mondo, valorizzando attrazioni e monumenti, come la basilica di Nostra signora della pace di Yamoussoukro, in Costa d’Avorio, probabilmente la più grande chiesa del mondo.

Per alcuni commentatori africani l’impresa di Pelumi Nubi rappresenta qualcosa di più di una trovata promozionale o di un record da battere. Come scrive Osione Oseni-Elamah sul magazine nigeriano The Republic, getta nuova luce sulle sfide e sui successi della libertà di circolazione in Africa occidentale. Secondo lei era perfettamente appropriato che il viaggio terminasse a Lagos: proprio in questa città, nel 1975, sedici paesi firmarono il trattato fondativo della Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (Cédéao/Ecowas) con la missione di promuovere l’integrazione economica nella regione. Per viaggiare, Nubi ha fatto valere uno dei suoi diritti di cittadina della Cédéao. Dal 1980, con l’abolizione dei visti d’ingresso, le persone che vivono in questa regione possono entrare in qualsiasi stato membro e restarci per novanta giorni.

Incidenti e ostacoli
Nonostante la meticolosa pianificazione del viaggio, Nubi ha comunque incontrato degli ostacoli. Alla frontiera senegalese la sua auto non poteva entrare senza un certo documento. Un altro impedimento è stata la corruzione degli agenti di frontiera, già documentata in diversi studi socioeconomici. Nubi ha avuto difficoltà a entrare in Costa d’Avorio, dove le sono stati chiesti 60mila franchi cfa, che lei era disposta a pagare ma solo se avesse avuto una ricevuta ufficiale. Per questo ha dovuto aspettare nove ore.

“La libera circolazione delle persone è essenziale per realizzare il libero scambio, per facilitare la circolazione di beni e servizi attraverso le frontiere”, scrive Oseni-Elamah. “Per la Cédéao, è un riconoscimento della storia culturale della regione. Prima della colonizzazione, l’Africa occidentale era la patria di gruppi etnici con una storia culturale condivisa che andava oltre i confini degli stati di oggi”.

Oggi l’unità dell’organizzazione è messa a dura prova. In Nigeria il 7 luglio si è riunito l’ultimo vertice della Cédéao, ma con degli assenti di peso. Il giorno prima si erano infatti incontrati a Niamey i leader golpisti di Mali, Burkina Faso e Niger, che avevano deciso di creare una loro confederazione, l’Alleanza degli stati del Sahel (Aes), in quello che è stato visto come un gesto di netta rottura con l’organizzazione regionale, da cui erano stati sospesi. I paesi rimasti, però, non si rassegnano e hanno incaricato i presidenti del Senegal, Bassirou Diomaye Faye, e del Togo, Faure Gnassingbé, di aprire un dialogo con i golpisti. La posta in gioco è alta: l’uscita dei tre paesi rischia di mandare a monte un progetto longevo e ambizioso, nato quasi cinquant’anni fa.

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Questo testo è tratto dalla newsletter Africana.

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