• In Giappone è stato dichiarato lo stato di emergenza nel territorio metropolitano di Tokyo (che ha 37 milioni di abitanti) e in tre prefetture confinanti (Chiba, Kanagawa e Saitama), dopo giorni di aumento dei nuovi contagi e dei decessi, e per la prima volta da aprile. Alla fine il premier Yoshihide Suga, preoccupato per le ricadute economiche, ha dovuto cedere alle pressioni dei governatori delle zone più colpite. Finora il Giappone ha registrato 258mila casi e più di 3.700 decessi, mentre il sistema sanitario della capitale continua a essere sotto estrema pressione. Lo stato di emergenza, che entrerà in vigore l’8 gennaio e durerà fino al 7 febbraio, prevede misure che potranno essere seguite per la maggior parte in modo volontario, ma le autorità sanitarie avvertono che potrebbero non essere sufficienti a contenere il contagio. I ristoranti dovranno chiudere alle otto di sera, le aziende dovranno incoraggiare i dipendenti a lavorare in remoto (l’obiettivo è di arrivare al 70 per cento), i cittadini dovranno cercare di uscire solo per attività essenziali, ma scuole, musei, cinema, palestre e negozi resteranno aperti. Agli eventi pubblici potranno partecipare al massimo cinquemila persone. “Dopo il primo breve stato di emergenza finito a maggio, il governo ha intensificato le attività di tracciamento e di controllo dei focolai, imponendo l’uso generalizzato delle mascherine e imponendo poche limitazioni alle attività economiche”, scrivono il Japan Times e l’Afp. “Ma con quasi seimila contagi registrati il 7 gennaio (di cui duemila a Tokyo) il modello giapponese ha mostrato dei limiti, e questo anche in vista del fatto che la campagna di vaccinazione non comincerà prima della fine di febbraio e durerà per mesi”. Come ricorda France 24 lo stato di emergenza “in Giappone si basa su una legge del 2012 adottata per limitare la diffusione di nuove forme d’influenza, che può essere applicata solo nel caso di una rapida trasmissione del virus e di fronte a un impatto significativo per l’economia e la società. La legge permette ai governatori di chiedere agli abitanti di limitare gli spostamenti e ai negozi di limitare gli orari, ma non ha carattere vincolante. Segnato dal passato militarista del paese fino alla seconda guerra mondiale, il sistema giuridico giapponese offre alle autorità pochi strumenti per limitare le libertà personali della popolazione. Il governo intende presentare entro gennaio un disegno di legge per imporre multe ai negozi che non dovessero rispettare le regole e per offrire invece un sostegno economico alle imprese che le applicheranno. I governatori però potranno requisire edifici o terreni per scopi sanitari. Si tratta di misure molto più blande di quelle adottate ad aprile, quando chiusero quasi tutte le aziende e quando tutta la popolazione seguì abbastanza scrupolosamente le regole di contenimento del contagio. In questi mesi il primo ministro ha visto calare i consensi proprio a causa della gestione sanitaria della pandemia. Attento soprattutto alla situazione economica, è stato criticato per aver prolungato un programma di rilancio del turismo interno anche a fronte di un aumento dei contagi. Alcuni sondaggi a dicembre avevano già segnalato che la maggior parte dei giapponesi era favorevole allo stato di emergenza”. Una distanza tra le posizioni del governo e della popolazione che emerge anche riguardo alle Olimpiadi di Tokyo rimandate a quest’anno: “Mentre il governo e gli organizzatori vogliono andare avanti a tutti i costi, la popolazione già prima dello stato di emergenza si diceva contraria allo svolgimento dei giochi nel 2021, preferendo un nuovo rinvio o addirittura l’annullamento puro e semplice. In teoria la chiusura delle frontiere delle ultime settimane potrebbe impedire l’ingresso anche ai responsabili olimpici, mentre gli atleti dovranno arrivare tra diversi mesi. Tuttavia alcuni esperti sanitari giapponesi avvertono che lo stato di emergenza dovrebbe durare due mesi per avere qualche effetto, avvicinandolo dunque alla data del 25 marzo quando dovrebbe essere accesa la fiamma olimpica”.
  • C’è rischio di contagio durante i viaggi aerei? Il New York Times ha preso in considerazione un volo di settembre tra Dubai e Auckland, in Nuova Zelanda: nonostante le rigide precauzioni prese dalla compagnia aerea, le analisi effettuate allo sbarco dal personale sanitario neozelandese hanno segnalato la presenza di sette persone positive, tra cui quattro sarebbero state contagiate proprio durante il volo. La ministra della salute neozelandese, Tara Swadi, ha quindi sottolineato l’importanza di non dare per scontato che i passeggeri, già testati prima della partenza e che abbiano rispettato le regole sanitarie e di distanziamento, possano risultare effettivamente negativi all’arrivo negli aeroporti di destinazione.
  • Alcuni esperti di salute pubblica avrebbero definito l’Arizona come “punto nevralgico del mondo” per la diffusione del nuovo coronavirus, scrive la Abc. Cinque mesi dopo essere stata elogiata dal presidente uscente Donald J. Trump come esempio di successo nella lotta all’emergenza covid-19, lo stato avrebbe raggiunto il più alto tasso di positivi al virus degli Stati Uniti: nell’ultima settimana, è risultata positiva una persona su 119.
  • L’amministrazione Trump ha deciso di lanciare la vendita dei vaccini anche nelle farmacie, destinando il farmaco soprattutto alle persone ad alto rischio di contagi, tra cui anziani, medici, infermieri e operatori sanitari. Anche il Regno Unito ha preso una decisione simile consentendo la vendita in farmacia del vaccino AstraZeneca-Oxford per le persone più fragili. Nel paese si prevede la vaccinazione di circa 13 milioni di persone entro la metà di febbraio.
  • In Australia il 6 gennaio, a Melbourne, è stato individuato un uomo, risultato positivo al coronavirus, che avrebbe preso parte a una partita di cricket tra India e Australia e avrebbe poi fatto acquisti in un centro commerciale durante le feste natalizie. L’uomo probabilmente non era ancora positivo quando la partita si è svolta, tuttavia, le autorità hanno scelto di sottoporre al test ottomila delle persone che hanno assistito alla partita. L’Australia resta un paese lievemente toccato dal virus, che finora ha causato un totale di 909 morti.
  • La variante del virus crea una situazione allarmante in Europa, secondo l’ufficio regionale dell’Organizzazione mondiale della sanità, che raccomanda di seguire con ancora maggiore attenzione le misure di contenimento dei contagi – distanziamento fisico, uso delle mascherine, limitazione dei contatti allo stretto necessario, lavaggio delle mani – anche in presenza delle campagne di vaccinazione. Riguardo alla diffusione delle varianti del virus, il direttore dell’Oms per l’Europa, Hans Kluge, ha raccomandato “di approfondire le indagini in caso di trasmissione insolitamente rapida e quando la malattia insorga in forme più gravi o inaspettate; di aumentare il sequenziamento sistematico di sottogruppi selezionati di infezioni da sars-cov-2 e fornire al più presto questi dati per poter adottare le misure sanitarie necessarie; di condividere questi dati in modo da poter comprendere meglio la reale portata della circolazione di questa e di altre varianti. La solidarietà nella scienza è cruciale in questo momento”. Secondo i dati forniti da Kluge il 7 gennaio in Europa sono oltre 26 milioni i contagi confermati e nel 2020 sono stati 580mila i decessi confermati per covid-19. Nei 27 paesi che partecipano al monitoraggio della mortalità in eccesso, per tutte le cause, nel 2020 sono state segnalate quasi 313mila morti in eccesso, pari al triplo delle morti in eccesso registrate nel 2018 e quasi al quintuplo delle morti in eccesso nel 2019. Attualmente, ha spiegato Kluge, più di 230 milioni di persone nella regione europea vivono in paesi dove è in vigore un lockdown nazionale. La trasmissione in tutta la regione si è mantenuta a tassi di infezione molto elevati. Al 6 gennaio, quasi la metà di tutti i paesi e territori in Europa ha un’incidenza settimanale di oltre 150 nuovi casi ogni centomila abitanti e un quarto sta registrando un aumento superiore al 10 per cento dell’incidenza dei casi nelle ultime due settimane.
  • La Cina ha registrato 120 nuovi contagi il 7 gennaio in meno di ventiquattro ore, un picco da luglio. La maggior parte dei casi è stata individuata a Shijiazhuang, capitale dello Hebei, a trecento chilometri a sud di Pechino. Nel comune di Shijiazhuang, che ha undici milioni di abitanti, sono state chiuse le scuole e le principali vie di comunicazione, e sono stati interrotti i trasporti in uscita dalla città.
  • L’Organizzazione mondiale della sanità ha criticato la scelta della Cina di impedire a un team di esperti dell’Oms di entrare nel paese al fine di investigare sulle origini della pandemia di coronavirus. Come riferito dal direttore generale dell’agenzia dell’Onu, Tedros Adhanom Ghebreyesus, la Cina avrebbe negato l’autorizzazione dei visti per i dieci ricercatori mentre questi ultimi erano già in viaggio verso il paese. Pechino ha dichiarato che sono in corso trattative con l’Oms riguardo “la data precisa e le modalità della visita del gruppo di esperti”, una questione ultrasensibile per il regime cinese, preoccupato di eventuali accuse di responsabilità nella diffusione del virus.
  • La Danimarca il 6 gennaio ha chiuso le frontiere a chi proviene dal Sudafrica a causa della nuova variante del virus in circolazione nel paese africano, anche se nessun caso della variante è stato ancora rilevato in territorio danese. Le uniche eccezioni riguardano gli ingressi per prendersi cura di persone minorenni, la visita a parenti molto malati o in fin di vita, previa presentazione di un tampone negativo nelle precedenti 72 ore, e il trasporto merci.
  • Un provvedimento simile è stato adottato da Israele, Turchia, Germania, Arabia Saudita, Vietnam e Regno Unito.
  • In Germania il confinamento parziale e nazionale è stato prolungato al 31 gennaio a causa della diffusione della variante del virus, ha annunciato il 6 gennaio la cancelliera Angela Merkel. Resta chiusa la maggior parte dei negozi non alimentari, i bar, i ristoranti, cinema, musei, locali pubblici e molte scuole, e si può incontrare una sola persona al di fuori del proprio nucleo familiare.
  • L’organizzazione svizzera Press Emblem segnala che 602 giornaliste e giornalisti sono morti a casa del covid-19, e chiede una vaccinazione prioritaria per chi lavora nel campo dell’informazione. L’organizzazione, fondata a Ginevra nel 2004 da giornalisti di diversi paesi, precisa comunque che non è possibile distinguere tra chi si è ammalato per lavoro e chi ha contratto il virus nella vita privata. “Per il loro mestiere i giornalisti e le giornaliste che si spostano all’esterno per informare sono particolarmente esposti al virus. Alcuni di loro, come i freelance e i fotografi, non possono lavorare da casa”, ha dichiarato il segretario generale dell’associazione Blaise Lempen.
  • Il 6 gennaio il Portogallo ha registrato diecimila nuovi contagi e il parlamento ha approvato il prolungamento dello stato di emergenza fino al 15 gennaio. Il governo, inoltre, ha riconosciuto la situazione di enorme pressione che gli ospedali del paese stanno vivendo. Data la situazione, il presidente della repubblica, il conservatore Marcelo Rebelo de Sousa, è stato messo in isolamento a meno di tre settimane dal primo tour per la campagna presidenziale che dovrebbe cominciare il 24 febbraio e per il quale risulterebbe il favorito.

Ha collaborato Sara Tartamo

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