Da settimane negli Stati Uniti si parla molto del caso che riguarda il rapper Sean Combs, che negli anni si è fatto chiamare Puff Daddy, P. Diddy e in altri modi. Combs – famoso sia per le sue canzoni sia per essere stato il produttore di Notorious B.I.G., Mary J. Blige e altri nomi importanti dell’hip-hop – è accusato di stupro, violenza sessuale e diversi tipi di abusi da molte donne. I crimini sarebbero stati commessi a partire dagli anni novanta. Secondo l’accusa Combs avrebbe gestito “un’impresa criminale formata dai suoi soci, dipendenti, che sfruttava l’influenza del suo impero commerciale per abusare di vittime di sesso femminile”. Combs si sarebbe macchiato di “traffico sessuale, lavoro forzato, rapimento, corruzione e ostruzione della giustizia”
Il rapper, a quanto pare, adescava ragazze, a volte anche ragazzi, costringendole a fare sesso con lui, sia da soli sia in gruppo. In alcuni casi filmava l’accaduto e lo mostrava ad altre persone. Spesso il rapporto avveniva dopo che le vittime erano state drogate contro la loro volontà, e durante gli atti sessuali erano incoscienti. Il rapper in diverse occasioni ha maltrattato e minacciato le sue vittime, a quanto pare aiutato da alcune delle persone che lavoravano per lui. Alcune donne negli ultimi anni gli hanno fatto causa, compresa la sua ex fidanzata, la cantante e attrice Cassie Ventura. Un video girato dalle telecamere di sicurezza in un hotel di Los Angeles nel marzo 2016 documenta un maltrattamento del rapper nei confronti di Ventura. Secondo la donna, le violenze e gli abusi nei suoi confronti sono andati avanti per dieci anni.
Una delle denunce più recenti, depositata il 27 settembre, è stata fatta da una donna di cui non sono state diffuse le generalità, una modella residente in Florida, che a partire dal 2021 è stata costretta ad avere con Combs vari rapporti sessuali, al termine dei quali è rimasta incinta. Lui le ha chiesto di abortire e, a causa dello stress, la vittima sostiene di aver avuto un aborto spontaneo.
Combs, che già in passato aveva avuto problemi con la giustizia per traffico d’armi e altri reati, è stato arrestato lo scorso 16 settembre in un hotel di New York, mesi dopo che gli agenti federali avevano fatto irruzione nelle sue case a Los Angeles e Miami per fare delle perquisizioni. Il rapper, 54 anni, si dichiara innocente. Al momento si trova in carcere e comparirà di nuovo in tribunale il 9 ottobre.
La vicenda legata alle presunte violenze sessuali commesse da Sean Combs è probabilmente la più grave dai tempi di R. Kelly, il cantante rnb condannato in totale a più di trent’anni di carcere nel 2022 e nel 2023 per aver commesso in modo seriale atti di violenza e manipolazione psicologica su molte giovani donne nere (una di 14 anni) e di averle tenute prigioniere in alcune case di sua proprietà, spesso anche senza la possibilità di mangiare e di lavarsi. In occasione di quello scandalo, molti commentatori si erano chiesti se sarebbe arrivato il momento di un #MeToo anche nel mondo della musica, ma di fatto non era successo niente di simile a quello accaduto a Hollywood, dove casi come quello di Harvey Weinstein avevano innescato profonde riflessioni sulle violazioni dei diritti delle donne nell’industria cinematografica. Anche in seguito alle denunce contro la rock star Marylin Manson, anche lui accusato di stupro e abusi, erano tornati fuori discorsi simili, senza grandi passi avanti in realtà.
Adesso diversi esperti si stanno facendo la stessa domanda. Il 23 settembre sul New York Times il giornalista Ben Sisario ha scritto che non c’è una spiegazione su perché la musica abbia evitato una simile resa dei conti. Forse perché la struttura di potere è più decentralizzata rispetto a quella di Hollywood, oppure perché nel settore discografico la cultura delle feste sfrenate è ancora più pervasiva. Gli artisti più famosi, inoltre, sono considerati intoccabili. Il mondo del cinema, mi viene da aggiungere, è decisamente più woke rispetto a quello musicale, soprattutto se pensiamo all’hip-hop.
Senza voler generalizzare in modo eccessivo né accusare tutte le persone che fanno parte di quel mondo, va ricordato che la visione della donna in tante canzoni e contesti rap non è stata, e non è, sempre la migliore possibile.“Sesso, droga e rock ’n’ roll, lassismo con la sessualità: tutto questo è radicato nella cultura dell’industria musicale”, ha spiegato Caroline Heldman, professoressa all’Occidental college di Los Angeles e attivista. “Purtroppo questo significa che la cultura dello stupro è radicata, perché non ci sono meccanismi di responsabilità”.
Shaunna Thomas, direttrice dell’associazione UltraViolet, anche lei intervistata dal New York Times, è più ottimista, e vede il caso Combs come un potenziale punto di svolta. Thomas ha fatto notare la serie di cause legali intentate di recente quando stati e città degli Stati Uniti hanno temporaneamente revocato i termini di prescrizione per le accuse di violenza sessuale con provvedimenti come il New York adult survivors act. Nella Grande mela e in California sono stati aperti procedimenti per violenza sessuale contro star come Axl Rose dei Guns N’ Roses, Jermaine Jackson e il produttore L.A. Reid. “Questa legge ha creato un’apertura che non avevamo mai visto prima d’ora”, dice Thomas. Speriamo.
Questo testo è tratto dalla newsletter Musicale.
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