Un’app d’incontri offerta dal governo, speed date organizzati dai sindacati e sussidi per slegare le tube o invertire una vasectomia: le amministrazioni di vari paesi asiatici in crisi di natalità stanno cercano disperatamente d’invertire un trend demografico comune a molti paesi industrializzati, ma che in Asia orientale è particolarmente marcato e presto renderà insostenibile lo squilibrio tra popolazione giovane e anziana, e lo fanno nei modi più disparati.
In Giappone il comune di Tokyo, dove si registra la più alta percentuale di persone sopra i cinquant’anni non sposate, a luglio lancerà un’app per incentivare gli incontri “a scopo matrimonio”. Non sono ammessi perditempo o persone in cerca di un’avventura. L’accento sul matrimonio è dovuto al fatto che in Giappone, come negli altri paesi della regione, raramente si fanno figli se non si è sposati.
L’amministrazione della capitale punta sulla serietà e il rigore garantiti dal fatto che si tratta di uno strumento “istituzionale”. Secondo un sondaggio del 2021, infatti, il 60 per cento di chi usa le app di dating mente sul suo stato civile o usa profili falsi, e a questo è probabilmente legata la diffidenza del 70 per cento dei single che sognano il matrimonio e che non usano le app di incontri.
Per registrarsi sulla nuova applicazione sarà necessario dimostrare di essere legalmente single fornendo lo stato di famiglia, firmare una dichiarazione in cui si assicura di essere in cerca di qualcuno da sposare e si dovrà dichiarare il proprio reddito, requisito richiesto in genere da questo tipo di strumenti, così come altre informazioni tipo altezza, grado d’istruzione e professione. Nel 2023 le nascite sono calate per l’ottavo anno consecutivo e, data l’alta aspettativa di vita, il Giappone è il paese con la popolazione più anziana del mondo. Il 5 giugno il parlamento ha approvato un nuovo pacchetto di sostegni alle famiglie proposto dal governo di Fumio Kishida.
In Corea del Sud, il paese con il tasso di fecondità più basso, solo il 2 per cento delle nascite avviene fuori dal matrimonio, la percentuale più bassa tra i paesi dell’Ocse. Il tasso di fecondità è il numero medio di figli per donna e per garantire la stabilità demografica di una società dev’essere pari almeno a 2,1. La situazione è particolarmente preoccupante a Seoul, dove vivono 9,6 milioni di persone e dove il tasso di fecondità è pari a 0,55. Ora la municipalità della capitale vuole offrire incentivi in denaro a chi si è sottoposto a vasectomia o alla legatura delle tube ed è disposto a ripensarci. I circa 70mila euro previsti per quest’operazione sono una minima parte del budget previsto per incentivare le nascite, che oltre alla copertura delle spese mediche per le gestanti include anche una quota per i luoghi pubblici dove organizzare matrimoni.
Sull’efficacia di questo provvedimento, e in generale delle strategie messe in campo da governi e amministrazioni per convincere i cittadini a fare figli, ci sono chiaramente molti dubbi, e emerge una generale mancanza di visione a lungo termine sull’argomento. Dagli studi sul tema è ormai assodato che il peso economico da sostenere per crescere un figlio e il sacrificio sociale che la maternità implica per le donne sono i due elementi che più pesano sulla scelta di non riprodursi. Invece che investire sulle app sarebbe più utile capire, per esempio, come ridurre la disparità di genere e il divario salariale tra uomini e donne, che in Asia Orientale sono particolarmente acuti.
In Cina la crescita economica ha portato con sé i problemi tipici dei paesi ricchi e nonostante la fine della politica del figlio unico nel 2016, in vigore dagli anni ottanta, il boom di nascite non c’è stato e pochi mesi fa la popolazione indiana ha ufficialmente sorpassato quella cinese. Per i cinesi la prospettiva di sposarsi e metter su famiglia – con aspettative ancora molto radicate legate alla tradizione (l’acquisto della casa e dell’auto spetta a lui, la cura della casa e dei figli a lei) – non è allettante e richiede troppo sacrificio. Il tasso di fecondità è pari a 1,1 e il futuro di una società sempre più anziana preoccupa il partito, che quindi, tra le altre cose, organizza eventi per far interagire ragazzi e ragazze.
Secondo l’antropologo Ayo Walhlberg, intervistato da Al Jazeera sul tema, la crescita economica e il più alto livello d’istruzione delle donne spiegano il fenomeno solo in modo parziale. In Cina, Giappone e Corea del Sud c’è una cultura lavorativa – il “sistema 996” cinese, per esempio – che prevede orari che lasciano poco spazio alla vita privata, proibitivi per chi vuole crescere un figlio.
Questo testo è tratto dalla newsletter In Asia
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