La Spagna potrebbe essere il primo paese europeo a istituire un congedo per le dipendenti che hanno mestruazioni troppo dolorose per poter lavorare. In vista del dibattito parlamentare però i partiti di sinistra, al potere, sono divisi.
Il provvedimento non è stato ancora adottato in via definitiva. Ma la ministra dell’uguaglianza del governo spagnolo Irene Montero se ne è già ampiamente rallegrata: “Sono molto fiera del fatto che saremo il primo paese europeo a cominciare a parlare di un problema che, fino a oggi, era un tabù, provocava vergogna e diceva molto della solitudine delle donne”. E la responsabile di Podemos (sinistra critica) ha aggiunto: “Questo è un progresso in termini di diritti, perché non sia più considerato normale andare a lavoro con dolori e si metta fine allo stigma, alla vergogna e al silenzio legato alle mestruazioni”.
Dopo un consiglio dei ministri a maggio, l’esecutivo spagnolo guidato da Pedro Sánchez ha concordato di aggiungere a un progetto di legge, il cui obiettivo principale è consentire alle minorenni di 16 e 17 anni di poter abortire senza il consenso dei genitori, un articolo sui congedi mestruali che potrebbe fare la storia. Adesso dovranno discuterne la camera dei deputati e il senato, a Madrid.
Stipendio pieno
Cosa prevede il testo? In caso di dolori provocati da mestruazioni considerate “invalidanti” ai fini lavorativi, le dipendenti, senza alcun criterio di anzianità, avranno diritto a un congedo di malattia, rinnovabile di mese in mese. Inizialmente questo congedo non doveva durare più di tre giorni. Alla fine non è stata prevista una durata massima.
Secondo lo schema previsto dal progetto di legge, spetta al medico di base non solo valutare il grado di dolore delle dismenorree per constatare se sussista o meno “l’incapacità temporanea”, ma anche stabilire il numero di giorni di congedo, che possono quindi essere più di tre.
Il costo di questa interruzione del lavoro sarà coperto interamente dalla previdenza sociale e non dal datore di lavoro. È quest’ultimo punto a rappresentare una vera novità. Oggi una donna che si assenta dal posto di lavoro a causa di mestruazioni dolorose subisce una decurtazione dello stipendio (non viene pagata per i primi tre giorni di assenza e a partire dal quarto giorno riceve il 60 per cento di quanto le è dovuto). D’ora in poi non sarà più così.
Dalla sua formazione, nel gennaio 2020, il governo Sánchez non ha smesso di dividersi nei dibattiti sull’uguaglianza tra uomini e donne
In un’intervista con El Diario Toni Morillas, direttrice dell’Istituto delle donne – una struttura legata al ministero dell’uguaglianza – precisa che questo provvedimento riguarda tutte le donne e non solo quelle a cui è stata diagnosticata una malattia ginecologica come l’endometriosi.
Prima di essere adottata nel consiglio dei ministri, a maggio, questa misura è stata oggetto di un braccio di ferro tra i due partiti della coalizione, i socialisti da un lato e i ministri della coalizione Unidas Podemos dall’altro.
La prima vicepresidente del governo, la socialista Nadia Calviño, si era detta scettica e aveva avvertito che, pur ribadendo l’impegno dell’esecutivo a favore delle lotte per l’uguaglianza tra uomo e donna, non “avrebbe accettato mai delle misure che rischiavano di provocare la stigmatizzazione delle donne”.
Un’affermazione a cui ha risposto Yolanda Díaz, seconda vicepresidente del governo e probabile candidata della sinistra critica alle elezioni del 2023: “A stigmatizzare [le donne] è la mancanza di sensibilità per le differenze tra uomini e donne. Il mondo del lavoro non è neutro”.
Il dibattito sul congedo mestruale ha dunque avuto luogo all’interno dell’esecutivo, una parte del quale lo considera una conquista sociale e un’altra come uno “stigma” che complicherà un po’ di più l’inserimento delle donne nel mondo del lavoro. A chi fa osservare che questa misura potrebbe rappresentare un freno per le assunzioni, Podemos ricorda che è lo stato, grazie alle risorse della previdenza sociale, e non il datore di lavoro, a farsi carico dei costi del provvedimento.
L’opposizione del Partito popolare (Pp, di destra) è rimasta piuttosto silenziosa in questo dibattito. Se Isabel Díaz Ayuso, la presidente della regione di Madrid, collocata molto a destra, ha dichiarato che “l’unica regola di cui le importa è quella del tre” (regla in spagnolo significa mestruazioni), il nuovo presidente del Pp, Alberto Núñez Feijóo ha ironizzato sull’assenza a suo parere di un vero cambiamento e sulle divisioni interne all’esecutivo: “Alla fine è il medico a decidere e non la seconda vicepresidente, contro il parere della prima vicepresidente”.
Il giornale InfoLibre (partner di Mediapart in Spagna) ha inoltre documentato fino a che punto questa misura divida anche i sindacati: l’Ugt, seconda confederazione spagnola piuttosto vicina al Psoe, esprime dei dubbi su una misura che “si focalizza ancora una volta sulle donne” con il rischio di marginalizzarle nella vita professionale, mentre il Ccoo (Comisiones obreras, commissioni operaie), il primo sindacato del paese, sostiene il provvedimento.
Dalla sua formazione, nel gennaio 2020, il governo Sánchez non ha smesso di dividersi nei dibattiti sull’uguaglianza tra uomini e donne, con linee di opposizione che si spostano all’interno della squadra di governo. Nel 2020 i socialisti avevano pubblicato un testo che criticava il diritto all’“autodeterminazione sessuale” nell’ambito del dibattito sul progetto di legge sostenuto da Unidas Podemos sulle persone transgender.
Il Psoe ha inoltre avviato una riforma del codice penale che colpisce i clienti delle prostitute, provocando stavolta delle divisioni all’interno della coalizione Unidas Podemos e critiche, da parte della sinistra radicale, della posizione abolizionista sulla prostituzione espressa da Irene Montero.
Cosa ancora più sorprendente, il progetto di legge licenziato dal consiglio dei ministri a maggio non contiene più i provvedimenti per l’abolizione dell’iva sui prodotti per l’igiene mestruale, considerati di prima necessità, inizialmente previsti. Eppure questo era un punto dell’accordo di coalizione tra Psoe e Unidas Podemos del 2020. Toni Morillas dell’Istituto delle donne continua a sperare nell’adozione di questa misura prima del termine del mandato, previsto a fine 2023.
A ogni modo, il precedente italiano invita alla prudenza. Nel 2017 quattro deputate del Partito democratico (Pd, centro-sinistra) avevano depositato una proposta di legge che stabiliva un congedo mestruale fino a tre giorni al mese per le lavoratrici dipendenti, coperto al 100 per cento. Il testo non ha mai trovato una maggioranza. Tornando alla Spagna, non è stato ancora reso noto il calendario dei dibattiti parlamentari su questo tema, che si terranno di sicuro in autunno.
(Traduzione di Giusy Muzzopappa)
Questo articolo è uscito sul giornale francese online Mediapart.
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