Il capo del partito Al Fatah ha espulso cinque politici di lungo corso accusati di aver ignorato la linea ufficiale. Il capo dello stato palestinese ha deciso chi saranno i nuovi ministri, effettuando alcuni cambiamenti fino all’ultimo momento. Ha rimosso dall’incarico il suo più fedele collaboratore, il ministro degli affari religiosi, arrendendosi alle pressioni dell’opinione pubblica. Il giorno dopo ha nominato la stessa persona presidente del tribunale religioso. Ha invece mantenuto al suo posto il ministro degli esteri, poco apprezzato dai palestinesi e dai diplomatici stranieri. Infine ha sostituito il presidente del tribunale civile.

Il capo dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) ha promesso di proseguire il negoziato con Israele e ha dichiarato che il coordinamento della sicurezza con Israele è sacro. L’opinione pubblica detesta sia il negoziato sia il coordinamento della sicurezza.

Il capo del partito, quello dell’Olp e quello di uno stato non-esistente chiamato Palestina sono la stessa persona. Abu Mazen ha un potere enorme, più di quanto ne abbia mai avuto Yasser Arafat. Ma sembra preoccuparsi più dell’opinione degli statunitensi e degli israeliani che di quella del suo stesso popolo. Il nuovo governo di unità nazionale si limiterà a eseguire le direttive di Abu Mazen. Questa specie di dittatura permetterà ad Al Fatah di vincere a mani basse le prossime elezioni? Molti commentatori, me compresa, ne dubitano.

Traduzione di Andrea Sparacino

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