Un miracolo, doppiamente raro, è accaduto a una mia amica: ha ricevuto un permesso per lasciare la Striscia di Gaza e andare in Europa, e addirittura le è stata concessa la possibilità di partire dall’aeroporto di Tel Aviv. Sono andata a prenderla al confine. Ha dovuto rispondere prima alle domande di Hamas poi a quelle dell’Autorità palestinese. Ha dovuto attraversare i corridoi israeliani, le macchine a raggi x, la perquisizione corporale (senza vestiti). Lo chiamano terminal, ma sarebbe più appropriato chiamarlo “uscita della prigione”.

Nell’ufficio dell’Autorità palestinese le era stato detto che gli israeliani non le avrebbero permesso di portare il deodorante, il fondotinta e il dentifricio. Li ha lasciati lì.

Abbracci e baci e siamo andate in aeroporto. La guardia al primo posto di sorveglianza israeliano si è agitata per il suo velo e poi per il suo passaporto palestinese. Mi ha detto gentilmente di accostare. Hanno controllato l’auto e i nostri bagagli. All’ingresso del terminal abbiamo incontrato un terzo controllo di sicurezza: una guardia ha esaminato i nostri documenti d’identità con gli adesivi che ci avevano dato al primo controllo. Una guardia stupefatta ci ha rivolto domande di routine ma voleva vedere il permesso d’uscita.

Siamo andate a comprare un deodorante, poi ci siamo abbracciate e separate. La mia amica si è avvicinata al quarto controllo: perquisizione corporale e del bagaglio. Ho visto una guardia di sicurezza esaminare il suo passaporto e chiederle di posizionarsi in un’altra fila per un controllo più approfondito. Prima di imbarcarsi mi ha detto che le avevano portato via il deodorante. Colpa mia: quando l’abbiamo comprato non abbiamo chiesto lo scontrino.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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