Vi siete accorti che l’economia è assente dalla campagna elettorale? Nelle tribune politiche sento parlare di ragioneria, mai di economia. Tutti i numeri parlano solo di soldi, quasi mai di cose materiali fatte dall’uomo e mai di cose come l’aria, l’acqua, il suolo, il sole, le piante, gli animali, i minerali.
A sentire questi dibattiti, scambiati per dibattiti economici, sembra che l’economia riguardi solo il movimento dei soldi, non la qualità e la quantità delle cose. Mastrolindo ha detto che le tante famiglie che vivono in case di proprietà stanno molto meglio di prima perché i prezzi delle case sono molto aumentati. Viviamo esattamente come prima, ma dovremmo convincerci che stiamo molto meglio perché con il gonfiarsi della bolla immobiliare il prezzo delle case è raddoppiato in dieci anni. Basterebbe che una mattina tutti gli italiani vendessero le loro case perché si rendano conto di quanto stanno meglio di prima.
Silvio Berlusconi al Processo di Biscardi nel 2006. (Max Rossi, Reuters/Contrasto)
Verso sera però, dovendo pur dormire da qualche parte, si accorgerebbero che comprare una casa costa il doppio di prima. Si renderebbero conto così della differenza che c’è tra l’economia delle cose e l’economia dei soldi.
La frittata con le uova o con i dollari?
Lo stesso equivoco tra economia delle cose ed economia dei soldi c’è anche nelle valutazioni internazionali. Nel 2000 l’Italia (1.200 miliardi di dollari di pil) si vantava di avere un’economia più grande del 30 per cento di quella cinese (900 miliardi di dollari di pil). In realtà l’economia cinese era il triplo di quella italiana perché un pil meno impostore, cioè quello calcolato da Onu, Ocse ed Eurostat – che tiene conto un po’ più delle cose e un po’ meno dei soldi perché cerca di esprimere il reale potere d’acquisto – era di quattromila miliardi di dollari per la Cina e di 1.200 per l’Italia.
Bastava il buon senso: come può un’economia che sostiene 60 milioni di persone essere più grande di un’economia che ne sostiene, seppur modestamente, un miliardo e trecento milioni? C’è più benessere materiale in un paniere di sei uova pagato tre euro oppure in un paniere di dodici uova pagato due euro? Ora, la frittata con cosa si fa? Se la frittata si fa con le uova, chi ha il paniere più grande? Molti economisti sembrano non rendersi conto che il benessere materiale deriva più dalla quantità e dalla qualità delle cose e dei servizi naturali e artificiali realmente disponibili, che non dal loro prezzo.
Probabilmente anche Tremonti e Visco hanno poppato al seno da neonati. Eppure, anche se come persone conoscono bene il valore delle cose che non hanno prezzo, come economisti gli assegnano valore zero. Nei loro conti, un milione di litri di latte prodotti ogni giorno dalle mamme del mondo vale meno – cioè zero – di un solo litro di latte artificiale venduto da un’industria chimica. Allo stesso modo milioni di chilometri cubi d’acqua dolce naturale valgono meno – cioè zero – di milioni di litri di acqua minerale venduta nei supermercati.
Il risultato di questo modo di calcolare il nostro presunto benessere è che, per creare e vendere sempre più cose con un prezzo, si deteriora sempre di più la qualità e si diminuisce la quantità delle cose che non hanno un prezzo. Il latte materno in tutto il mondo oggi è contaminato da tracce di migliaia di sostanze chimiche artificiali. Se le industrie chimiche dovessero pagare il danno a miliardi di donne e miliardi di neonati, fallirebbero tutte. Ma siccome hanno danneggiato un prodotto il cui prezzo è zero, pagano zero. Se le industrie motociclistiche dovessero pagare per ogni minuto e ogni persona disturbata dai loro motori, fallirebbero tutte.
Ma siccome la quiete e il silenzio hanno prezzo zero, pagano zero. Lo stesso vale per le industrie automobilistiche e per l’aria pulita o per le industrie petrolifere e per la stabilità del clima. Si potrebbe continuare con decine di questi esempi che spiegano come molte componenti della qualità della vita continuino a degradarsi per permettere agli scambi di denaro di continuare a crescere.
Il principale problema economico
I primi responsabili di questo fenomeno sono i paesi più ricchi, dove vive un sesto dell’umanità. Stiamo però estendendo questo fenomeno a tutto il globo, moltiplicandolo così per nove entro quarant’anni. Parlare in campagna elettorale dei principali e più urgenti problemi economici quindi non vuol dire parlare solo di tasse, borsa, pil, prezzi, stipendi e rendite. Vuol dire chiedersi: come raddoppiare in quarant’anni il benessere di un’umanità che per metà vive in miseria e che sta crescendo di numero?
E, nello stesso tempo, come dimezzare i danni che l’economia produce già oggi alla salute, alla qualità della vita e all’ambiente? Si tratta niente di meno che di moltiplicare per quattro la ecoefficienza dell’economia mondiale. Questo è il vero problema economico di questi anni. Ed è un problema di politica interna molto più che di politica estera. Infatti è proprio nei nostri paesi che siamo esposti alle conseguenze della miseria, della concorrenza e della emigrazione di massa della metà più povera del pianeta, nonché agli attacchi terroristi alimentati anche da questa miseria.
L’unica possibilità che hanno le nostre economie è quella di offrire tecnologie, servizi e prodotti innovativi e sostenibili a nuovi mercati di miliardi di consumatori. Abbiamo meno di cinquant’anni di tempo per cambiare radicalmente le tecniche con cui abitiamo, ci nutriamo, ci vestiamo, viaggiamo, con cui usiamo l’energia e con cui costruiamo e decostruiamo tutti gli oggetti che ci servono. Si tratta davvero di “rovesciare l’Italia come un calzino”, come promise Mastrolindo alle elezioni del 2001. Vi sembra che negli ultimi cinque anni il governo italiano abbia cominciato questo rovesciamento?
Provate a confrontare la politica del governo borghese italiano con quella del governo borghese della Svizzera. Nel 2002 il governo di Berna pubblicò la sua strategia per lo sviluppo sostenibile, di cui fa parte il programma energetico “2000 Watt society” (novatlantis.ch): la Confederazione, i cantoni, i comuni, i politecnici, gli istituti di ricerca nazionali e l’economia privata hanno cominciato a lavorare per ridurre i consumi energetici svizzeri del 60 per cento entro il 2050, cioè per riportarli a quelli del 1960: 2.000 watt a testa (cioè 17.500 kWh/anno), invece degli attuali 5.000 watt.
Sono fissati anche obiettivi intermedi, per esempio la riduzione dei combustibili fossili del 10 per cento entro il 2012. Il governo ritiene che solo così potrà rendere la Svizzera sostenibile e credibile internazionalmente e solo così potrà mantenere l’industria elvetica ai primi posti nel mondo nell’esportazione procapite di tecnologie e servizi sostenibili.
Cosa ha fatto di simile il governo italiano che promise di “rivoltare l’Italia come un calzino”? In Svizzera si lavora in media 33 ore alla settimana con uno dei costi del lavoro più alti del mondo e con una quota di lavoro sommerso dieci volte inferiore all’Italia. Ma le esportazioni procapite della Svizzera sono maggiori di quelle italiane. Siamo sicuri di poter continuare a competere nel mondo solo con la Ferrari, i vestiti di Armani e l’aceto balsamico? Di fronte all’accelerarsi del declino italiano, per quanto tempo possiamo continuare a dare dei “comunisti” agli organismi internazionali, alle radio, alle televisioni e ai giornali economici stranieri che documentano il nostro declino?
Ho fatto un sogno
Ho fatto un sogno. L’uomo più ricco d’Italia era come i miliardari statunitensi: Warren Buffett, che si batte per mantenere la tassa di successione sulle grandi fortune; Bill Gates, che oltre a battersi con Buffett per la tassa di successione ha devoluto metà delle sue fortune alla fondazione Gates, che finanzia programmi sanitari e d’istruzione nel mondo; George Soros, che ha devoluto buona parte del suo patrimonio alla fondazione Soros per promuovere libertà e cultura imprenditoriale nei paesi ex comunisti e che scrive libri in cui avverte che l’attuale tipo di capitalismo è una minaccia per l’umanità maggiore di quella del comunismo.
Ho sognato che l’uomo più ricco d’Italia era più potente di Buffet, Gates e Soros, perché oltre alla ricchezza disponeva anche di quasi tutte le televisioni del paese, delle maggiori case editrici, di decine di giornali e riviste e di qualche migliaio di giornalisti alle sue dipendenze. Quale uomo al mondo avrebbe più mezzi non solo per “rivoltare l’Italia come un calzino” ma anche per convincere l’opinione pubblica a partecipare a questa impresa?
I sogni, si sa, sono inverosimili. Così nel sogno quest’uomo era addirittura capo del governo per cinque anni, con una maggioranza di centinaia di parlamentari. Sognavo: chi impedirebbe a questo gigante di passare alla storia non solo dell’Italia ma del mondo come uno dei grandi imprenditori umanisti come Franklin, Carnegie o Ford?
Poi mi sono svegliato. Un uomo così c’è davvero. Nel 1992, ben prima che dicesse di volere andare in parlamento, io vi avevo avvisato: “Attenti, Mastrolindo è più pericoloso di Craxi”. Ora Mastrolindo è al governo, ma somiglia più a un nano che a un gigante. Come si legge su decine di giornali del mondo, specialmente su quelli liberali e conservatori, il bilancio dei suoi cinque anni di governo è fallimentare. Non ha mantenuto la maggior parte delle sue famose cinque promesse – scrivono i giornali stranieri.
Quindi in base alla sua sesta promessa – ricordano i giornali – non dovrebbe nemmeno ripresentarsi alle elezioni. Promise un “nuovo miracolo economico” ma ha ridotto la crescita economica a una media dello 0,4 per cento annuo, meno di un terzo degli altri paesi dell’area dell’euro (1,4%), mentre sotto il governo dell’attuale opposizione crebbe in media del 2,2 per cento annuo. In una media del rango dell’Italia nei principali indici internazionali di sviluppo siamo scesi in pochi anni al quarantaduesimo posto, dietro all’Ungheria (36), alla Spagna (35) e al Portogallo (28).
Mastrolindo ha portato in parlamento la più alta percentuale di condannati, prescritti e patteggiati della storia del parlamento. Tra i 22 parlamentari condannati in via definitiva, 17 sono della maggioranza di Mastrolindo, quattro dell’opposizione di centro e uno dell’opposizione di sinistra. Il parlamento dominato da una maggioranza schiacciante del gruppo di Mastrolindo è all’ottantottesimo posto nel mondo per donne parlamentari, dietro all’Afghanistan e al Pakistan. Inoltre la maggioranza di Mastrolindo ha in percentuale la metà delle parlamentari che ha l’opposizione.
Affari o politica?
Eppure un’impresa da gigante gli è riuscita: quella di far credere che alle prossime elezioni si scelga tra sinistra e centrodestra. Da dieci anni la politica e lo sviluppo sostenibile dell’Italia sono quasi paralizzati dalla lotta tra chi sostiene e chi avversa l’estensione alle istituzioni politiche del potere economico di Mastrolindo, Previti, Dell’Utri e di centinaia tra suoi collaboratori, avvocati, manager e dipendenti.
A contrastare quest’invasione di campo degli affari nelle cose pubbliche non c’è “la sinistra”, ma semplicemente la politica, in una coalizione che non a caso include sinistra, centro e destra e che non a caso è diretta da un professore di economia, centrista da quarant’anni. Se mi chiedete un’indicazione di voto non nominerò nessun partito. Ma se volete almeno un parlamento pulito vi consiglio di non votare i partiti che sostengono un ulteriore governo di Mastrolindo, perché tutti contengono candidati condannati in via definitiva.
Votate invece quello che preferite tra i partiti di sinistra, centro e destra che fanno parte della coalizione della politica e preferite quei partiti che non hanno messo condannati nelle loro liste.
Questo testo è tratto dallo spettacolo Incantesimi.
Internazionale, numero 636, 7 aprile 2006
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