Quale pianeta del sistema solare è una palla incandescente, per il 99 per cento più calda di mille gradi e per il 99,9 più calda di cento gradi? Pochi darebbero la risposta giusta: la Terra. Immaginatevi un pallone da calcio infilato in una calza di nylon aderente.
Ecco, è nello spessore di quella calza che viviamo noi, in quel velo tiepidino riscaldato un po’ da fuori, dal sole, e un po’ da sotto, dalla massa terrestre incandescente. Solo un chilometro sotto i nostri piedi ci sono quasi ovunque 35-40 gradi, a cinque chilometri in media duecento gradi, ma anche tre-quattrocento in certe zone.
La temperatura del sottosuolo cresce in media di trenta gradi ogni chilometro. Quando l’ho saputo non ci volevo credere. Per scaldare a cinquanta gradi l’acqua della doccia o dei termosifoni bruciamo a cinquecento gradi gas, petrolio o carbone per i quali facciamo disastri ambientali, guerre e bombardamenti umanitari.
E appena sotto i piedi abbiamo un calore inesauribile e gratuito. Mi sono chiesto: perché non lo usiamo? Così ho scoperto che molti lo usano: con 17.000 megawatt installati cinquantacinque paesi del mondo producono elettricità usando il calore del sottosuolo, che si chiama geotermia.
L’Italia è in parte all’avanguardia nel settore: nel 1904 siamo stati i primi ad accendere delle lampadine con l’elettricità geotermica e per cinquant’anni la centrale di Lardarello è stata l’unica al mondo. Con 860 megawatt elettrici installati siamo il quarto paese al mondo per produzione d’elettricità geotermica. Dove invece siamo scarsi è nella geotermia a bassa temperatura, quella usata per riscaldare direttamente gli edifici.
Per farlo bastano dei tubi sottili (sonde termiche), profondi qualche centinaio di metri oppure dei pali termici profondi pochi metri, incorporati nelle fondamenta dell’edificio. Con una pompa di calore e un modesto consumo elettrico, si può prelevare calore da un sottosuolo a 10-20 gradi, concentrarlo e usarlo per riscaldare gli edifici.
Mentre in Italia ci sono solo poche decine d’impianti di questo tipo, in Svizzera – il primo paese al mondo per numero d’impianti per unità di superficie – ce ne sono trentamila, che alimentano altrettanti edifici (
snipurl.com/15aw4). Anche dall’acqua di falda, in media a 8-12 gradi, si può estrarre calore per riscaldare gli edifici, come fa per esempio la chiesa di Bremgarten.
Gli svizzeri stanno lavorando a un progetto ambizioso: a Basilea stanno facendo due buchi di cinque chilometri per dare nel 2009 elettricità e calore a cinquemila appartamenti.
La tecnica si chiama deep heat mining: con un primo buco si raggiunge un blocco di roccia secca e porosa a 200 gradi, si pompa dentro acqua a 200 atmosfere che spezzetta la roccia, poi da un secondo buco si preleva il vapore per produrre elettricità e riscaldare edifici. Sembra l’uovo di Colombo, ma non mancano le sorprese: l’8 dicembre Basilea ha vissuto il suo primo terremoto sintetico, 3,4 gradi sulla scala Richter.
A provocarlo è stato il buco per il progetto geotermico. L’acqua pompata a 190 atmosfere per frammentare le rocce cinque chilometri sotto la città ha provocato all’alba un primo terremoto di 2,7 gradi sulla scala Richter. Così si è deciso di smettere e di far defluire l’acqua, provocando involontariamente un secondo terremoto più forte.
C’è stato qualche lieve danno ad alcuni edifici, venti denunce per danneggiamento, centinaia di telefonate alla polizia e tanta paura. Basilea è tra le città con il più alto rischio sismico, semidistrutta nel 1356 dal più forte terremoto mai registrato nell’Europa centrale. I sismologi dicono che un terremoto di quell’intensità, stimata 6,7 sulla scala Richter, si dovrebbe ripetere al massimo dopo ottocento anni, cioè entro il 2156.
Se avvenisse oggi gli assicuratori ipotizzano danni per cinquanta miliardi di franchi svizzeri (circa trenta miliardi di euro) e conseguenze piuttosto antipatiche per una città con la più alta concentrazione del paese d’industrie chimiche e di serbatoi di benzina, gasolio e cherosene per aviazione.
Un sismologo autorevole dice che il progetto geotermico di Basilea potrebbe in teoria provocare scosse anche superiori ai 3,4 gradi Richter dell’8 dicembre. Terremoti di sei gradi Richter sono già stati provocati nel mondo dal peso di alcune dighe e di 5 gradi Richter da alcune discariche di rifiuti liquidi a pressione.
Il terremoto sintetico di Basilea ha sorpreso tutti: anche i progetti apparentemente più virtuosi e condotti dagli esperti più competenti possono creare effetti imprevedibili, che a volte obbligano a maggiore prudenza o anche all’abbandono.
Gli unici che sembrano non avere questi problemi sono i gestori delle cinquecento centrali atomiche sparse per il mondo. Continuano a produrre ogni anno migliaia di tonnellate di rifiuti radioattivi, una parte dei quali emetteranno forti radiazioni e calore per centinaia di migliaia di anni. Nessuno sa ancora dove metterli e molti geologi sostengono che un luogo adatto e sicuro semplicemente non esiste.
Questo testo è tratto dallo spettacolo Reset.
Internazionale, numero 673, 22 dicembre 2006
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it