Cambiare tutto per non cambiare niente. Da quando gli algerini sono scesi in piazza nella capitale e in tutto il paese per dire che il re è nudo, la verità ha rotto il silenzio. Quello che tutti sapevano ma che tutti tacevano, ormai è detto, detto pubblicamente da una gioventù indignata di fronte alla prospettiva di vedere Abdelaziz Bouteflika candidarsi per un quinto mandato presidenziale mentre è gravemente invalido, incapace di parlare e di camminare.

Compatti e sorridenti, determinati ma calmi, in altre parole ben visibili, i primi cortei del 22 febbraio hanno rappresentato più di una rottura nella storia algerina, in quanto i loro slogan non erano caratterizzati né dall’odio né dalla rabbia.

La sola violenza è stata quella di rimuovere i ritratti di un presidente un tempo popolare. Con questo gesto i manifestanti hanno voluto far capire che questa candidatura era morta, come si stacca la spina a un moribondo che non ha più altra speranza oltre la sofferenza. Insomma dalla sera del 22 febbraio tutto era già stato detto.

Interrogativo aperto
Un’altra epoca si è aperta. Il paese ha voltato la pagina. È ormai impossibile immaginare che le presidenziali di aprile possano svolgersi come previsto, nella rassegnazione generale. Il problema però è che senza Bouteflika si ripresenterà l’interrogativo che ha portato alla sua quinta candidatura: chi altri candidare?

Chi se non lui? Chi, se non quest’uomo immobilizzato dalla malattia, può mettere d’accordo tutti i clan del vero potere, degli apparati militari e polizieschi che nell’Algeria indipendente si contendono le redini del paese e la rendita petrolifera?

Vent’anni fa il loro consenso si era concentrato su questo ex ministro degli esteri e beniamino della rivoluzione capace di sedurre il paese denunciando i mali del regime. “Boutef” si era fatto amare diventando una sorta di Zorro, ma alle parole non erano seguiti fatti, il paese gli era riconoscente solo di aver saputo mettere fine al decennio sanguinoso, quello della rivolta islamista.

Notizie rassicuranti. “È vivo!”. “Bouteflika”. “No, il popolo”. (Dilem, Liberté, Algeria)

Questo era il capitale di Bouteflika. Gli algerini erano così traumatizzati dai 200mila morti della guerra civile che preferivano la continuità ai rischi dell’anarchia. Ed è su questa paura che il regime aveva puntato per rimandare a più tardi la vera decisione, ma dopo il 22 febbraio bisognerà imporre con la forza questo mandato di troppo o trovare il coraggio di cercare una soluzione.

I due termini dell’alternativa sono entrambi molto rischiosi. Se lascerà inascoltato la protesta della gioventù algerina, il governo rischia di provocare dei disordini che potrebbero sfociare in un’insurrezione. Al contrario se si piegherà a questo legittimo rifiuto, dovrà trovare un candidato accettabile tanto per i generali che per il paese, un uomo che oggi non esiste, perché non appena salterà il coperchio gli algerini chiederanno la democrazia e la fine della cleptocrazia.

Così è probabile che i responsabili del potere cercheranno di prendere tempo con un quinto mandato che darebbe loro la possibilità di organizzarsi, ma le decisioni non potranno aspettare altri cinque anni. Anche ammettendo che una rielezione sia possibile e che lo stato di salute di Bouteflika non peggiori troppo rapidamente, già si sente il tic-tac delle lancette. La bomba algerina può scoppiare da un momento all’altro.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

Da sapere
Dal 22 febbraio centinaia di migliaia di algerini scendono in piazza in varie città per protestare contro la candidatura a un quinto mandato di Abdelaziz Bouteflika, 81 anni, al potere dal 1999. Bouteflika era stato scelto dai partiti della coalizione di governo come candidato alle presidenziali del 18 aprile nonostante le cattive condizioni di salute, che gli hanno impedito di tenere discorsi o apparire in pubblico negli ultimi anni. Le proteste contro la sua candidatura hanno vari promotori, tra cui il collettivo Mouwatana (cittadinanza), formato da esponenti della società civile e da partiti minori. Il 24 febbraio Bouteflika è volato a Ginevra per sottoporsi a nuovi controlli medici.

Questo articolo è uscito su Challenges.

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