I giornalisti spesso paragonano la Tesla Motors alla Apple. Sembra che l’azienda californiana produttrice di auto elettriche, di proprietà dell’imprenditore di origine sudafricane Elon Musk, si stia ispirando al piano aziendale messo a punto da Steve Jobs alla fine degli anni novanta per salvare la mela dal baratro. Le due aziende vendono prodotti di qualità, che scatenano un fervore evangelico nei sostenitori e un odio irrazionale nei detrattori. Ed entrambe sono adorate dai mezzi d’informazione.
Una recensione di Consumer reports ha dato alla Tesla Model S sedan un punteggio altissimo, uno dei migliori nella storia della rivista. Sia la Apple sia la Tesla si sforzano di offrire un ottimo servizio ai loro clienti. Se una Tesla ha un guasto, la ditta consegna un’auto di cortesia sul posto e ritira quella in panne gratis. E proprio come Steve Jobs, l’amministratore delegato della Tesla Motors, Elon Musk, è un personaggio affascinante e carismatico.
Al suo ritorno alla Apple nel 1997, Jobs decise di vendere prodotti di lusso a prezzi accessibili alla maggioranza dei consumatori. Una scelta coraggiosa nel mondo della tecnologia. L’iPod, l’iPhone e l’iPad non erano solo i gadget più ambiti della loro categoria: avevano anche un prezzo molto competitivo. La Apple è riuscita a mantenere i profitti elevati grazie alla sua efficienza produttiva.
Ora la Tesla ha imboccato la stessa strada. Al prezzo di 70mila dollari, la Model S, la berlina della famiglia, è ancora molto costosa, ma è più economica della Roadster da 109mila dollari lanciata dalla stessa casa automobilistica nel 2009. L’azienda nel primo trimestre del 2013 ha registrato il suo primo utile di bilancio. In quel periodo l’azienda ha venduto cinquemila veicoli, e gli ordinativi che riceve stanno aumentando di 20mila unità all’anno.
Come Musk ha spiegato in una lettera agli azionisti, uno dei motivi per cui la Tesla si sta rivelando redditizia è la maggiore efficienza dei suoi processi produttivi. La quantità di tempo necessaria per fabbricare un’automobile è stata ridotta del 40 per cento. Musk vorrebbe continuare ad abbassare il prezzo dei suoi veicoli, e spera di lanciare un’auto da 30mila dollari entro i prossimi tre o quattro anni, mantenendo il margine di profitto lordo dell’azienda al 25 per cento: un margine molto alto per l’industria automobilistica.
La Tesla vuole essere come la Apple. Ma Musk ha in mente anche un altro colosso: Google. L’imprenditore sa che nel settore delle auto elettriche il problema è solo uno: la mancanza di infrastrutture. Le batterie non sono abbastanza efficienti, le colonnine di ricarica troppo distanti l’una dall’altra e i meccanici e i concessionari scarseggiano. La Tesla sta cercando di creare questa infrastruttura da sola, ma ci vuole tempo. Se il settore dell’automobile si unisse per risolvere la situazione, le batterie e le strutture di ricarica migliorerebbero a un ritmo più sostenuto.
Come farà la Tesla a convincere la General Motors, la Ford, la Toyota, la Mercedes, la Bmw e altri importanti produttori di automobili a lavorare insieme sulle infrastrutture? Concedendo ai concorrenti licenze per l’uso delle sue tecnologie, proprio come Google permette a tutti i produttori di telefoni del mondo di usare Android.
L’anno prossimo la Mercedes lancerà la
Classe B electric drive, una piccola due volumi elettrica che può fare 185 chilometri con una ricarica: più di molte altre auto elettriche. La Classe B ha potuto diventare così efficiente grazie alla Tesla: l’azienda di Musk ha contribuito alla produzione dei motori elettrici, dei sistemi elettronici e delle batterie. E la collaborazione tra la Tesla e la Toyota ha prodotto il Rav4 Ev, un suv che può fare più di 160 chilometri con una ricarica (in confronto, la versione più economica della Model S della Tesla riesce a percorrere 334 chilometri).
Elon Musk ha capito che all’industria dei veicoli elettrici serve una piattaforma comune. Come la funzionalità di uno smartphone dipende dal suo processore, il tragitto delle automobili elettriche dipende dalle sue batterie. Quelle della Tesla sono le migliori: rispetto alla concorrenza, possono immagazzinare dal 20 al 30 per cento di energia per chilogrammo in più.
Ma questo non basta. Oggi i veicoli elettrici riescono a fare tra i 160 e i 400 chilometri con una ricarica. Troppo poco per convincere le persone ad abbandonare i motori tradizionali. Per avere successo le auto elettriche dovranno poter fare tragitti più lunghi ed essere ricaricate molto rapidamente durante i viaggi. La Tesla ha creato una piccola rete di colonnine di “super ricarica” che permetteranno di coprire 250 chilometri con un allacciamento di mezz’ora alla corrente elettrica. Ma queste stazioni possono servire solo pochi veicoli alla volta.
Per questo l’azienda ha bisogno di far entrare molte altre aziende nel settore delle auto elettriche. Le due case automobilistiche non lo hanno confermato, ma la Classe B della Mercedes potrebbe essere il primo veicolo non prodotto dalla Tesla a poter usare le sue stazioni di “super ricarica”. Sarebbe la prova che Musk vuole una piattaforma tecnica comune.
Se la tecnologia della Tesla aiuterà la Mercedes a vendere molte auto elettriche, anche la marca tedesca di auto extralusso vorrà avere le sue colonnine di ricarica. In un secondo momento sarà probabile che le batterie della Tesla migliorino ulteriormente via via che la fabbricazione su larga scala soddisferà sempre di più la domanda, perché molti operatori del settore considerano l’aumento della produzione una delle strategie principali per ridurre i costi.
Questo non vuol dire che la Tesla debba rinunciare al proprio obiettivo di creare le auto elettriche migliori del mondo. L’azienda potrà vendere molte automobili e permettere alla concorrenza di usare la sua tecnologia. Ma per diventare una grande azienda high-tech non basta più fabbricare solo buoni prodotti. È necessario costruire una piattaforma. Elon Musk se n’è reso conto. Per questo la Tesla sembra la Apple, ma in realtà è come Google.
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