Un film importante. Un film dove tutto è inspiegabile eppure ben comprensibile. E ancora: un film dove si vuole partire ma non si parte, un film che potrebbe sembrare una fiaba incantata e insieme paurosa se non fosse girato in stile naturalistico, un film dove tutto è rovesciato. Un film dove si desiderano persone di ogni sesso e dove un uomo anziano è sodomizzato platealmente. Può esistere un simile film senza rivelarsi un bluff? Esiste e si tratta del secondo titolo del concorso, Rester vertical di Alain Guiraudie. Un gioiello.

Rester vertical

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Siamo in Francia tra le montagne della regione di Lozère. E anche se non mancano alcune sequenze cittadine, alla lunga si resta impregnati dei paesaggi rarefatti, siano filmati di notte o di giorno. Il mondo diurno, dominato da un sole luminoso, cela una mutevolezza inquietante e rivelatrice dei sogni svelata dall’indefinitezza delle visioni notturne che hanno qualcosa del realismo magico. Ma il confine tra incubo e realtà, tra fantastico e concreto, vale a dire tra vita e morte, alla fine si annulla. Si perdono i punti di riferimento definitivamente, anche grazie al sapiente stile ellittico della regia.

Leo, sceneggiatore cinematografico, parte alla ricerca del lupo e incontra una pastora con cui fa un bambino. Poi lei parte per la città con i suoi due bambini, lasciando a Leo il casolare sperduto e il neonato. In questo ritorno alle origini corroborato da senso dell’umorismo e del paradosso, le forme del cinema sono frequentemente mutevoli, come lo sono quelle della natura, della vita e dell’essere umano. Del resto era così anche nel film precedente di Guiraudie, il capolavoro Lo sconosciuto del lago distribuito in Italia da Teodora.

Ma perché Leo si attacca a tal punto al neonato e perché la donna abbandona il bambino e trascura gli altri due figli? Non è questo il luogo e il tempo per indagare la dimensione simbolica degli archetipi, sogno e fiaba, riuniti. Ma certamente qui il gay, o bisessuale, vuole la paternità, la donna sembra stufa della maternità, gli anziani uomini sembrano padri ma non lo sono, come pure i giovani sembrano figli ma così non è. Si procrea ma si scelgono anche forme mai viste di eutanasia. Apparenze mutevoli.

Perché i personaggi del film vogliono partire ma non partono? Forse perché in fondo stanno bene così, perché cercano di sfuggire alla decadenza sociale invocando un’Australia che in realtà non vogliono o esplorano i dintorni di casa invece della giungla amazzonica. Forse vogliono ridefinire, ridisegnare, ridipingere le geografie interne, quelle che hanno già sottomano. Geografie che per l’autore da sempre passano attraverso l’amore, ma dal quale è imprenscindibile la gioia ludica per la sessualità, anzi per la sensualità e la bellezza della sua rappresentazione. Sotto qualsiasi forma.

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