Ieri notte quando sono uscito dallo Stubb’s, un locale nel centro di Austin, la polizia ha deviato il nostro percorso. Erano le due. L’accesso a Red River Street era bloccato da un nastro giallo. Normale amministrazione, ho pensato all’inizio.

Solo dopo l’arrivo a casa ho letto la brutta notizia che ha rovinato la prima giornata di musica al South By Southwest: una donna in motorino e un uomo olandese sono morti, investiti da una macchina uscita fuori strada. L’incidente ha causato anche 23 feriti. Due persone sono “in condizioni molto gravi”, secondo le autorità locali.

Il guidatore,

[secondo le autorità][1], era ubriaco e stava scappando dalla polizia dopo aver ricevuto un avviso per eccesso di velocità su East Ninth Street. L’uomo, di cui non sono ancora state diffuse le generalità, è stato arrestato.

Le vittime erano in coda per entrare ai concerti in programma al Cheer Up Charlie’s e al Mohawk. I proprietari dei due locali non hanno ancora deciso se andare avanti con gli spettacoli oppure no, ma per ora hanno sospeso i concerti previsti per il pomeriggio del 13 marzo.

Il direttore del South By Southwest, Roland Swenson, [ha diffuso un comunicato stampa][2] per esprimere le sue condoglianze alle famiglie delle vittime e ha confermato che il festival andrà avanti regolarmente, “perché il nostro compito è proseguire”, ha aggiunto.

Per dovere di cronaca, e spero senza risultare indelicato, ecco un paio di appunti sui concerti che ho visto in questa prima giornata.

I Syd Arhtur sono una band inglese di Canterbury. Fedeli alla loro città d’origine, si rifanno proprio alla scena di Canterbury, un insieme di gruppi di rock psichedelico che hanno esordito tra la fine degli anni sessanta e l’inizio dei settanta (Caravan, Soft Machine, Gong, Hatfield and the North e altri).

I Syd Arthur hanno suonato l’11 marzo all’Haven Lounge, in occasione di uno showcase organizzato dalla casa discografica Harvest Records. Nonostante qualche iniziale problema tecnico, mi hanno impressionato per abilità tecnica e intensità. Il loro secondo album, Sound mirror, uscirà a giugno. Sono curioso.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Il 12 marzo, per quanto mi riguarda, è stato il giorno di St. Vincent, al secolo Annie Clark. Nel pomeriggio la musicista di Tulsa, Oklahoma, è stata intervistata al Convention Center da Ann Powers, critica musicale di Npr. Ha raccontato com’è nato il suo ultimo album, St. Vincent. E nonostante delle domande poco brillanti, è stata educata, spiritosa e interessante.

La sera St. Vincent ha suonato allo Stubb’s. Un’ora di musica di grande livello. Energica e impeccabile dal punto di vista tecnico. Con almeno un paio di momenti di puro delirio sonoro, tipo questo.

Attenzione, qui sotto ci sono immagini e suoni che possono disturbare la vista.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Sarà difficile ascoltare un concerto migliore, perfino al South By Southwest. Dopo l’esibizione di St. Vincent, è toccato a Damon Albarn, leader dei Blur e dei Gorillaz, salire sul palco.

Albarn, in ritardo a causa di una lunghissima preparazione del palco, ha suonato solo quaranta minuti. Il musicista inglese ha presentato in anteprima alcuni brani del suo primo disco solista, Everyday robots. Canzoni malinconiche, soffici, che sembrano promettere bene.

Albarn ha anche tirato fuori un paio di chicche: Tomorrow comes today e On melancholy hill dei Gorillaz, Kingdom of doom (registrata con i The Good The Bad & The Queen) e soprattutto All your life, vecchia b-side dei Blur.

Oggi si continua, cercando di vedere più concerti possibili. Una sfida, considerata la quantità e la qualità dell’offerta. Sperando di avere buone notizie sui due feriti in gravi condizioni.

Giovanni Ansaldo lavora a Internazionale. Si occupa di tecnologia, musica, social media. Su Twitter: @giovakarma

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it