In questi giorni di vita casalinga forzata c’è un disco che più di altri ha su di me un effetto calmante, quasi curativo. È Malibu, il secondo album di Anderson .Paak, cantautore e rapper californiano di Oxnard. È un viaggio nella memoria che parte dall’infanzia difficile del protagonista, abbandonato dal padre, un ex marine finito in prigione, e trascurato dalla madre, costretta sempre a stare fuori di casa per lavorare.

Ma niente è raccontato con amarezza, anzi. Quello di Malibu è un percorso catartico, che parla dei primi amori, delle amicizie, e delle crescenti aspirazioni artistiche. Nel 2016, quando è uscito questo disco, Anderson .Paak, protetto di Dr. Dre, stava per diventare una stella della musica nera statunitense. La sua ascesa si è conclusa pochi mesi fa con il Grammy per il disco Ventura, conquistato anche grazie alla sua consolidata fama di performer dal vivo (il musicista dovrebbe suonare a Lucca il 7 luglio, ma il condizionale in questo momento è d’obbligo).

Malibu decolla in modo soffice e irresistibile, con il funk di The bird, e veleggia con classe in mezzo alla tradizione della musica black, toccando rap, gospel, soul e funk, con ospiti importanti come Schoolboy Q, The Game e altri. Anderson .Paak è cantante e anche batterista, e forse per questo ha un fiuto non comune per il groove: lo dimostrano pezzi come Come down e Put me thru. Malibu è senza dubbio il suo disco migliore, e magari in questi giorni sarà un’ottima compagnia anche per voi.

Anderson .Paak
Malibu
Steel Wool, 2016

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