Sarebbe una donna come Puppato. Pragmatica come Bersani. Capace di scaldare i cuori della base come Vendola. Di parlare il linguaggio dei più giovani come Renzi. Senza spaventare i tanti elettori che non l’hanno votata come Tabacci. In un mondo ideale, il leader del centrosinistra sarebbe così. Nel mondo in cui viviamo, invece, ci sono cinque candidati, e nessuno è perfetto. D’altra parte il candidato ideale non nasce in un giorno né sarà mai un confronto televisivo a farlo nascere.
Sono stati poco concreti, hanno ignorato questioni centrali come la scuola, la ricerca, l’innovazione tecnologica. Non si capisce bene che idee abbiano per il futuro dell’Europa o su come uscire dalla crisi. Le loro risposte sui simboli a cui si ispirano sono state a dir poco imbarazzanti. Ma finalmente eccoli lì, cinque politici di cui non vergognarsi, che rispondono alle domande in modo sintetico, che si espongono, prendono impegni, sottolineano in modo civile le loro diversità.
Il giorno dopo i commentatori si sono concentrati soprattutto sull’orecchino di Vendola, la cravatta di Bersani, la pettinatura di Puppato, la giacca di Renzi, lo sguardo di Tabacci. Un fatto è certo: il confronto televisivo andato in onda su Sky ha fatto invecchiare di colpo tutti i talk show, vent’anni di tv urlata, la giostra degli ospiti, il giornalismo asservito. L’altra sera, finalmente, Berlusconi è andato in pensione.
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