Michela Ponzani, Guerra alle donne. Partigiane, vittime di stupro, “amanti del nemico” 1940-1945
Einaudi, 315 pagine, 25 euro
Nella seconda guerra mondiale, come in molti altri conflitti, le donne sono state vittime più volte. Hanno subìto i bombardamenti e la fame, hanno combattuto e sono morte, sono state violentate, trattate da bottino di guerra e sottoposte a pressioni enormi dalle circostanze. Tutto questo è narrato con attenzione dalla storica Michela Ponzani, che costruisce il suo racconto attingendo da un grande archivio di interviste costituito in occasione della preparazione di una trasmissione Rai di qualche anno fa.
La parte più interessante è però altrove: nel rivelare come in quegli anni molte donne, nonostante le condizioni durissime, riuscirono a praticare autentiche “scelte di libertà”: decidendo di ribellarsi alla soggezione in cui la cultura fascista le aveva volute collocare, provando a contestare, talvolta, la predominanza maschile che continuava a regolare i rapporti anche nelle brigate partigiane, innescando comunque una riflessione sulla propria condizione e sulla necessità di cambiarla, una riflessione capace di generare, alla fine della guerra, nuovi desideri di emancipazione.
Senza accontentarsi di ciò che la liberazione, la repubblica e la costituzione avevano portato, riuscendo anzi a cogliere i pesanti limiti che rimanevano sulla condizione femminile, molte di queste donne continueranno a lottare.
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