George Orwell, Nel ventre della balena

Bompiani, 376 pagine, 10,50 euro

“Progresso e reazione si sono entrambi rivelati un inganno”, sosteneva George Orwell (di cui ricorrono i 110 anni dalla nascita) nel saggio che dà il titolo a questa raccolta. “A quanto pare non è rimasto che quietismo: spogliare la realtà dei suoi terrori col solo sottomettervisi. Entrare nel ventre della balena o, meglio, ammettere che si è nel ventre della balena (perché ci siamo, naturalmente).

Abbandoniamoci al meccanismo del mondo, cessiamo di combatterlo o fingere di dominarlo; accettiamolo semplicemente, sopportiamolo, registriamolo”. Parlava dei compiti degli scrittori: “Questa è la formula che ogni romanziere sensibile può verosimilmente adottare oggi. Un romanzo di concessioni più positive e ‘costruttive’, e non emotivamente spurio, è per il momento difficilissimo a immaginarsi”, scriveva nel 1940.

Ed era comunque convinto che il mondo “a forza di scossoni” sarebbe stato “riplasmato nella sua nuova forma”. Riteneva però che in certi momenti occorre cercare di restare umani, esprimere le proprie esitazioni, capire cosa sta succedendo prima di offrire una soluzione. Solo così può avere senso perseguire quelle che in un altro saggio (

Perché scrivo) contenuto in questa raccolta, identifica come le motivazioni che lo spingevano a prendere la penna in mano: “Cambiare le idee altrui” e provare “il piacere dell’impatto di un suono con un altro”.

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