Vittorio Giacopini, L’arte dell’inganno
Fandango, 282 pagine, 16,00 euro
Si legge ancora B. Traven? Almeno La nave morta e I ribelli (alias La ribellione degli impiccati) meritano di essere riscoperti da ogni generazione di lettori accorti, amanti dell’avventura realista alla Jack London, come il suo romanzo più celebre, grazie al film di John Huston con Humphrey Bogart, Il tesoro della Sierra Madre.
B. Traven era un nome inventato e a Traven sono state attribuite molte e disparate identità, l’unica convincente è quella di un poeta, cabarettista e anarchico tedesco, che riuscì a salvare la pelle nella spietata repressione della Repubblica Bavarese dei Consigli e a rifarsi una vita in Messico, dopo varie vicissitudini, scrivendo romanzi che intrigarono e appassionarono milioni di lettori in tutto il mondo.
Attratto oggi da questa figura, formidabile nella sua capacità di imbrogliare e nascondersi (come più tardi Salinger, Pessoa, Pynchon) e di negarsi alla pubblicità trovando un tipo di pubblicità, diciamo pirandelliana, Giacopini ha costruito una biografia che è romanzo, dove i fatti veri e le illazioni probabili si mescolano all’altamente improbabile e però plausibile (gli incontri con Buñuel, con Dwight MacDonald).
Dopo Bobby Fischer e Coltrane, Traven è l’occasione per una riflessione acuta e intrigante sui dilemmi della scrittura e della politica in un’epoca di mortificazione degli individui e trionfo dei narcisi.
Internazionale, numero 891, 1 aprile 2011
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