Margaret Laurence, L’angelo di pietra
Nutrimenti, 304 pagine, 18 euro
Santa idea quella di riproporre il ciclo di Manawaka (zona immaginaria del Canada centrale, di grandi pianure) già edito molti anni fa da La Tartaruga e ancora per la preziosa cura di Chiara Vatteroni: quattro romanzi e una raccolta di racconti che sono tra i capolavori della letteratura del novecento, una risposta femminile e nordica al ciclo della contea di Yoknapatawpha di Faulkner.
Vissuta a lungo in Africa, questa straordinaria scrittrice ha aperto la letteratura canadese al riconoscimento internazionale e ha seguaci femminili di talento come Alice Munro, Mavis Gallant, Margaret Atwood, Anne Michaels, più note di lei ma di lei meno grandi.
In libreria c’è anche l’ultimo romanzo del ciclo,
I rabdomanti, che narra, come L’angelo di pietra, l’accostarsi alla morte e il rimemorare la vita di due donne, ma tanto la Hagar del primo romanzo era rozza quanto la protagonista del secondo è colta. Vecchia, bisbetica e vicina alla morte, il suo è il rendiconto, tra l’oggi e gli ieri, di una vita difficile, all’ombra dell’angelo di pietra della tomba di famiglia.
Anche lei, come l’angelo, “di pietra” da quando le morì il figlio più amato e colpevole di non aver amato l’altro. Vite dure e comuni, ma l’angelo di pietra è anche l’angelo metafisico dei grandi scrittori statunitensi dell’ottocento e delle maggiori scrittrici di due secoli.
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