Matteo Marchesini, Atti mancati

Voland, 126 pagine, 13 euro

L’autore, di 34 anni, è il più acuto dei giovani critici e studiosi di letteratura, in Italia numerosi. Affronta ora il rischio della scrittura romanzesca, narrando una Bologna battuta nella topografia e nei dintorni, che è quella degli intellettuali, il mondo di cui fa parte. Nel raccontare gli intellettuali è facile cadere nei luoghi comuni, e gli “eroi che pensano” nel nostro romanzo contemporaneo sono rari e spesso caricaturali.

Non è così per Marco il narratore e alter ego di Matteo, mentre Bernardo, il suo mentore o maestro, ha molto in comune con il vero Berardinelli. Con loro, altri tre personaggi contano: un amico, Ernesto, morto in un incidente che ha qualcosa di suicida; il fratello di questi, Davide, ricoverato in ospedale psichiatrico, e soprattutto Lucia, l’ex ragazza di Marco che è stata attratta da Ernesto, e che si ripresenta da Marco dopo un lungo periodo di rottura. Nasconde un mistero banale quanto tragico.

Il dialogo che s’intreccia tra Marco e Lucia e tra Marco e se stesso è doloroso e complesso, a tratti provocatorio: uno scavo tra crudele e pietoso e tra dire e intuire, tra eros e thanatos, in un contesto opaco che non comunica entusiasmi vitali. Atti mancati narra con forza un’autoanalisi necessaria e ostinata, più privata che sociale. Sul futuro di questo autore si può scommettere, ne sentiremo ancora parlare.

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