Vinicio Capossela, Tefteri
Il Saggiatore, 156 pagine, 13 euro
“Ascesi, compagni, guardare in alto. Anche quando si è spinti a guardare a terra per brucare. Questa è la natura dell’uomo, l’anthropos, il guardante in alto, coi piedi conficcati in basso, nel fango di cui è fatto”.
Così finisce il lungo e affascinante resoconto di un viaggio nella musica della Grecia, al tempo di una crisi molto più devastante della nostra, denso di figure forti in pagine che si leggono quasi sentendo la musica che raccontano, i suoni che le accompagnano.
La parola
tefteri indica i quadernetti in cui i negozianti segnano i debiti dei clienti, e questo è un libro sulla crisi, da dentro la crisi, un libro di conti aperti. E anche di colori, di volti, di paesaggi, di storie che confermano la vena di irrequieto funambolo che l’autore esprime nelle sue canzoni. Non è raro che dei cantautori scrivano – Cohen, Dylan, ma anche italiani – con molto narcisismo e tendenza a filosofare. Capossela predilige le storie degli altri, mira a farci incontrare e amare i musicisti che ha incontrato e amato nelle bettole e nelle strade dei paesi e delle città, con le loro storie di sofferenza e di rabbia, a volte di rivolta.
E ci ha ricordato anche uno scrittore che batté il Mediterraneo in lungo e in largo in altri tempi, il romeno Istrati povero tra poveri e vagabondo tra vagabondi, non musicista tra musicisti, che per questo sfugge alle logiche del turismo e del giornalismo.
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