Nonostante l’incertezza sullo stato dell’economia, tutti sono sicuri di una cosa: questa recessione ha cambiato per sempre i consumatori statunitensi, trasformandoli da spendaccioni in risparmiatori. Le copertine sulla “Nuova austerità”, gli articoli sugli oggetti a buon mercato come nuovi status symbol e i costanti riferimenti degli esperti alla grande depressione: il messaggio è uno solo, il comportamento dei consumatori americani è cambiato per sempre, facendoci tornare, come ha detto un economista, agli anni cinquanta.

In effetti dal 2007 a oggi le spese personali sono molto diminuite, mentre il tasso di risparmio nazionale, che qualche anno fa era sceso sotto zero, quest’anno è aumentato del 6 per cento. Ma anche se gli analisti citano questi dati come prova di una nuova mentalità, non serve essere grandi psicologi per capire cos’è successo: gli americani hanno speso meno perché avevano meno soldi.

Negli ultimi due anni sono stati tagliati sette milioni di posti di lavoro e quelli che sono riusciti a mantenere l’impiego hanno avuto aumenti di stipendio irrisori. Al tempo stesso lo scoppio della bolla immobiliare e il crollo della borsa hanno bruciato almeno 13mila miliardi di dollari di patrimoni familiari. Dato il cosiddetto effetto benessere – la gente tende a spendere di più quando diventa più ricca, e viceversa – basterebbe solo questo a spiegare il calo delle spese personali, che è stato tra i 500 e i 700 miliardi di dollari.

Potremmo perfino dire che il consumo è diminuito meno di quanto ci si poteva aspettare. Ha cominciato a calare vertiginosamente nell’autunno del 2008, durante la fase peggiore della crisi, ma poi all’inizio di quest’anno si è stabilizzato, e ora è in crescita da quattro mesi. Il calo dei consumi a partire dall’inizio del 2008 può essere attribuito alla riduzione della spesa per due prodotti: la benzina (che oggi costa meno) e le automobili. Il calo delle vendite di auto nuove è stato così forte che la vita media delle macchine si è molto allungata. È solo un esempio di come una migliore qualità dei prodotti permetta ai consumatori di risparmiare senza abbassare il proprio standard di vita. Possiamo rimandare l’acquisto di un’auto perché quella che abbiamo può fare centinaia di migliaia di chilometri senza problemi.

Questo significa che la ritrovata austerità potrebbe durare anche dopo la ripresa economica. Ma ci sono alcuni motivi per essere scettici. Durante una recessione si dice sempre che i consumatori impareranno a spendere in modo più responsabile. Verso la fine della crisi del 1990-1991, per esempio, la rivista Fortune pubblicò una serie di previsioni sulla “morte del consumo sfrenato”. Time scrisse in copertina: “Dopo anni di sfacciato consumismo, gli americani cominciano a risparmiare”. Ma le cose non sono andate così. Dieci anni più tardi, lo scoppio della bolla di internet e l’11 settembre hanno spinto molti a prevedere che gli americani avrebbero consumato di meno: sappiamo com’è andata a finire.

Questa recessione è molto più grave e più traumatica, la peggiore dai tempi della grande depressione che, per usare le parole del Times, “instillò negli americani un solido senso del risparmio”. Oggi questa recessione potrebbe spingerli di nuovo a essere frugali. Forse.

Ma la crisi attuale, per quanto terribile, non è niente rispetto alla grande depressione, che durò dieci anni e vide il tasso di disoccupazione raggiungere il 25 per cento. Inoltre l’idea che la crisi degli anni trenta trasformò gli americani in avari è un mito: fu dopo la seconda guerra mondiale che nacque la società dei consumi in America. Nei cinque anni dopo la fine della guerra, l’acquisto di mobili ed elettrodomestici aumentò del 240 per cento, e tra il 1940 e il 1960 il numero dei proprietari di case salì del 50 per cento.

Se la grande depressione non convinse gli americani a rinunciare ai piaceri del consumo, è difficile che ci riesca questa crisi. Questo non significa che torneremo ai tempi in cui l’americano medio non risparmiava neanche un centesimo del suo stipendio. Se la gente vorrà mettere qualcosa da parte, il tasso di risparmio dovrà rimanere più alto di qualche anno fa. E cambierà anche il modo di spendere. In futuro il costo delle case, che è stato la causa principale dell’indebitamento degli americani negli ultimi anni, dovrebbe incidere di meno sul nostro bilancio. Ma il drastico cambiamento delle abitudini di spesa sembra solo un pio desiderio. In molti settori la spesa è diminuita in maniera impercettibile. E anche se per alcuni commercianti questi sono tempi duri, ad agosto le vendite al dettaglio sono aumentate.

Prima di annunciare l’inizio dell’era del risparmio negli Stati Uniti, sarà meglio guardare le cose in prospettiva. Anche dopo la peggiore recessione degli ultimi settant’anni, quest’anno le vendite al dettaglio saranno più o meno ai livelli del 2005. E quattro anni fa gli americani non erano certo avari.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it