“Il giorno dopo il mio ottavo compleanno mio padre mi disse di prendere il bastoncino di pesce che nuotava nella zuppa, metterlo in un tovagliolo e portarlo alla nonna”. È verosimile? Ma il bastoncino non si squaglia? Be’, dipende da quanto tempo è stato a

mollo. E la nonna come farà a mangiarlo?

Togliendolo dal tovagliolo o succhiandolo attraverso il tessuto? Devo ammettere che questo incipit mi ha colpito. Non c’è dubbio che l’autore abbia un tono originale. Una frase sola non basta a farmi capire se Bridin è un vero scrittore, ma vorrei sapere come pensa di proseguire.

Comunque, l’umorismo è un’arma a doppio taglio: “Il giorno dopo il mio ottavo compleanno mio padre mi disse: ‘Abbandona quel pallone sulla riva, e seguimi! Ti farò pescatore di uomini’… dieci anni dopo sarei diventato un trans”. Questo incipit arriva da Mario B. che, chiaramente, scrive con lo stesso spirito di Gene: “Il giorno dopo il mio ottavo compleanno mio padre mi disse che mi avrebbe ammazzato, ma io non ero particolarmente d’accordo”.

Sono frasi che potrebbero introdurre vicende assolutamente serie, e tuttavia ho il sospetto che Pierluigi D.M. non abbia alcuna intenzione di proseguire nella storia dopo averla cominciata con “Il giorno dopo il mio ottavo compleanno mio padre mi disse: ‘To’, ecco qui il piccolo stronzo! Restituiscimi i soldi che ti ho anticipato per la torta e per le puttane!’”.

Capisco il desiderio di buttarla sullo scherzo; e se poi teniamo conto di quante risposte sono arrivate, era ovvio che ci fosse una certa percentuale di simpaticoni. Sono arrivati ben due sacchi di posta e mentre sto scrivendo (dieci giorni dopo avervi assegnato il compito) le risposte al sito italiano hanno superato quota cinquecento.

Avendo realizzato quanti altri (moltissimi) scelgono la strada dell’ironia, la tentazione era quella, cari Pierluigi D.M., Gene, Mario B. e spiritosi vari, di fare qualcosa che vi distinguesse dalla folla. Pur essendo divertenti, gli autori di queste battute mi fanno pensare a una persona grassa che scherza sul proprio peso perché non sa in quale altro modo affrontare il problema. E più si ammira la tattica difensiva di questa persona, meno si è in grado di aiutarla facendole capire che sarebbe meglio se si mettesse a dieta. Lo stesso vale per chi scherza tutto il tempo sulle proprie ambizioni di scrittore, invece di mettersi al lavoro con impegno, rischiando il ridicolo.

Le mie proposte preferite, invece, sono quelle semplici e al tempo stesso serie, in cui il contesto trapela dalle parole del narratore. È il caso della frase che mi ha mandato J.L.: “Il giorno dopo il mio ottavo compleanno mio padre mi disse che non avrei più potuto giocare con Ahmad”. O quella più inquietante di M. Shaw: “Il giorno dopo il mio ottavo compleanno mio padre mi disse: ‘Gli ebrei non vanno ai picnic’”. Ho subito situato la frase nella Germania degli anni trenta con tutto il suo carico di cupi presentimenti.

Certo, può anche darsi che mi sia sbagliata, ma entrambi gli incipit portano immediatamente il lettore in un universo dove quello che succede al protagonista riguarda chiaramente anche la società intorno a lui. In altre parole, sono frasi che ci fanno intravedere un mondo intero. Come questa di Elisa N.: “Il giorno dopo il mio ottavo compleanno mio padre mi disse che sarei dovuto salire anch’io al baito, con Attilio e il vecchio Berto: le vacche all’alpeggio cominciavano a essere tante e due mani in più avrebbero fatto comodo”.

La semplicità vince sempre. È il caso di N.G. che risolve in modo intelligente la questione del perché un ragazzino di otto anni dovrebbe ricordarsi quel che gli è stato detto il giorno successivo al suo compleanno: “Il giorno dopo il mio ottavo compleanno mio padre mi disse il motivo per cui se n’era dimenticato”. E questi sono solo pochi esempi tra le frasi più belle e brillanti. Evidentemente, ce ne sono anche di più fiacche. Visto il numero, sarebbe strano se non fosse così. In ogni caso ho smesso di stampare gli incipit migliori quasi subito, quando mi sono accorta che avrei finito in fretta la carta. Messe tutte insieme le vostre risposte potrebbero costituire senza problemi un libro a sé. Continuate così e presto non avrete più bisogno di me.

Nel prossimo esercizio vi chiedo di nuovo di scrivere una frase: spiegatemi perché volete scrivere un romanzo (non perché volete scrivere in generale, ma perché proprio un romanzo). Questa volta lasciate perdere la tentazione di fare i furbi o gli spiritosi. Mettetevi seduti e pensateci un attimo. Siate semplici e onesti. La prossima settimana vi dirò perché dovete porvi questa domanda e perché anche gli scrittori affermati dovrebbero farsela più volte nel corso della loro carriera.

Internazionale, numero 629, 16 febbraio 2006

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