Diceva Ernest Hemingway: “Se c’è una pagina nel vostro libro che trovate particolarmente bella, eliminatela!”. Penso che pochi di voi aspirino a essere così diretti e brutali, caratteristiche che peraltro spiegano alcune scelte artistiche del grande scrittore statunitense (per esempio, Di là dal fiume e tra gli alberi).

Tuttavia è bene tenere questa frase in un angolino del cervello, non per seguirla alla lettera ma per usarla come antidoto contro la maledizione del romanziere alle prime armi: l’iperscrittura.

Come fare per capire se state scivolando nell’iperscrittura? Un segno rivelatore è la sovrabbondanza di aggettivi e di avverbi; un altro è la ripetizione enfatica e la presenza di metafore troppo lunghe, che andranno sicuramente accorciate.

Detto ciò, è anche vero che prima o poi ogni scrittore arriva al punto in cui non riesce più a giudicare quello che sta facendo: è immerso nel suo romanzo da mesi, a volte da anni, e ha perso per strada il suo slancio iniziale, schiacciato dal peso dei dubbi. Sa solo una cosa: che vuole andare avanti e che non è pronto a gettare la spugna.

A quel punto non resta altro che sottoporsi a un giudizio esterno. Come regola generale, sappiate che non vale chiedere un parere a chi vi sta accanto: le sue critiche vi ferirebbero e le sue lodi v’insospettirebbero. Piuttosto, trovate un gruppo di persone che condividono la vostra passione. Per esempio, chi segue il mio sito sa che lì si è formata una piccola comunità di aspiranti scrittori.

Altri posti ideali dove incontrare anime gemelle sono i corsi di scrittura creativa e i gruppi di lettura. Lì potrete conoscere persone in grado di capire ciò che state cercando di fare. Ma attenzione: non significa che troverete qualcuno a cui il vostro lavoro piaccia in tutto e per tutto.

Certo, per andare avanti avrete anche bisogno di sostegno morale, ma non è di questo che stiamo parlando adesso. Quello che vi serve è un altro scrittore pronto a dire: “Bellissimo l’incipit! Però mi sembra che dopo si perda un po’: infatti…” e così via, entrando sempre di più nello specifico.

“Quel personaggio non mi piace” non è un commento utile. “Il protagonista mi è diventato antipatico nella scena in cui racconta al fratello la verità perché, secondo me, lo fa in modo troppo brusco. Forse dovresti provare a riscrivere la scena rendendo più chiari i motivi per cui si comporta così. E già che ci sei, alleggerisci un po’ il linguaggio”. Questo sì che è un consiglio utile: a voi la scelta se accettarlo o no.

Riguardo allo stile, qualche ben intenzionato potrebbe commentare: “È noiosetto”. Una critica efficace, invece, dovrebbe suonare così: “Ci sono tre paragrafi descrittivi prima che si capisca chi sta parlando; forse dovresti provare ad anticipare l’inizio del dialogo, inserendo all’interno i passaggi descrittivi, invece di metterli tutti insieme nella prima pagina”.

Anch’io sono in contatto con diversi scrittori e con alcuni ho scambi molto stimolanti sui nostri rispettivi lavori. Il patto è che l’autore del romanzo sotto esame offre la cena.

Se riuscite a trovare un altro romanziere che lavora all’incirca come voi, che ha più o meno gli stessi interessi, un tipo franco e che non teme la sincerità da parte vostra, allora tenetevelo stretto.

Ma anche con un alleato così fidato, verrà il giorno in cui dovrete tenere duro e dirvi: a lui questa parte del libro proprio non piace, ma anche se rispetto enormemente il suo giudizio resto del mio parere e non la cambio.

Come farete a sapere se avete ragione? Tanto per cominciare, la maggioranza delle critiche che riceverete sarà su cose che, nel profondo del cuore, consideravate già zoppicanti (pur sperando che nessun altro se ne accorgesse).

A volte ci saranno critiche che vi faranno imbestialire, non perché ingiuste ma perché, se le accettaste, vi costringerebbero a dei cambiamenti troppo impegnativi in quel momento. Un’analisi puntuale è la più dolorosa di tutte.

In altri casi saprete d’istinto che chi sta leggendo il vostro libro non è la persona adatta, oppure che vuole farvi scrivere un libro completamente diverso.

Spesso, l’unico modo per capire se un giudizio è valido è quello di annuire saggiamente e poi archiviarlo. Quando le ferite si saranno rimarginate e il vostro ego smetterà di sanguinare, sarete in grado di attribuire a ciascuna critica il giusto valore.

Internazionale, numero 677, 25 gennaio 2007

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